Libreria Torriani di Luigi Torriani (foto di Nicola Vicini)

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mercoledì 15 maggio 2013

I dodici profeti




"I dodici profeti" (a cura di Elena Loewenthal, Einaudi, rilegato, pagg. 140)

Nel canone di Israele ci sono i cosiddetti "profeti anteriori" o "primi profeti" (Giosué, Giudici, Samuele, Re), e i "profeti posteriori" o "ultimi", cioè i profeti propriamente detti.  Entro questo corpus i cosiddetti "minori" sono presenti nel numero di dodici (Giona, Aggeo, Osea, Amos, Abacuc, Zaccaria, Giole, Ovadia, Michea, Nahum, Sofonia, Malachia).
In questo volume Elena Loewenthal ha tradotto i dodici profeti minori, o "piccoli", accostandovi i capitoli dei Re dedicati alla predicazione di Elia, la cui storia è paradigmatica della figura del profeta, del suo status sociale ed esistenziale. La vicenda di Elia, qui accomunata a quelle di Osea, Zaccaria, Isaia e degli altri "posteriori", è quella piú suggestiva da un punto di vista narrativo ed è anche quella che di fatto chiude la parabola della profezia nella Bibbia.
L'insieme del volume vuole sottolineare la portata letteraria di questi testi, al di là delle possibili discussioni storiche o teologiche. La forza del racconto, la sua portata spirituale, evocativa, stanno alla base della traduzione e del montaggio operati da Elena Loewenthal. Ma anche, nelle intenzioni della curatrice, c'è il desiderio di osservare da vicino la natura del profeta, così singolare rispetto ad altre figure canoniche della scrittura biblica, il suo destino non felice di isolamento quasi assoluto nel drammatico faccia a faccia con la verità, la sua esperienza mistica di passività nei confronti di Dio e quella complementare, per lo più sconfortante, di traduzione agli uomini del messaggio raccolto.

"La solitudine del profeta è indissolubile compagna della vocazione e dell'identità: i profeti sono decisamente i piú individualisti di tutta la Bibbia, e non per scelta. Sono singolari di fronte al mondo, cosa che non capita mai agli altri protagonisti del tessuto sacro, che siano Abramo o Mosè - quest'ultimo è solo sul monte, al momento di ricevere la Torah, ma si tratta di un momento, per quanto fondamentale. E non per niente è definito come il piú ispirato e potente profeta fra tutti. (...) Accanto alla solitudine del profeta, c'è l'invadenza divina. La voce che comanda la parola fa paura, è inopinata, giunge quando vuole e non perdona. Nella loro natura di individui, rari nel tessuto della storia sacra, i profeti sono dei contenitori di questa ispirazione dal cielo che non guarda in faccia a nessuno. In un certo senso, «profeta» è una parola passiva, che subisce. E, diversamente dai patriarchi e dai condottieri, i profeti non hanno neppure l'onore delle armi, non riescono a cambiare il mondo ma soltanto a vederlo per quello che è. Quasi sempre restano inascoltati" (Elena Loewenthal)

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