Libreria Torriani di Luigi Torriani (foto di Nicola Vicini)

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martedì 7 maggio 2013

Mario Fortunato. L'Italia degli altri




Mario Fortunato, "L'Italia degli altri" (Neri Pozza, pagg. 160)

"In "Etichette", apparso per la prima volta nel 1930, Evelyn Waugh delinea, tra il serio e il faceto, una sorta di casistica del viaggiatore nordeuropeo che, nel corso dei secoli, si è avventurato dalle nostre parti. Si comincia col superstite del Grand Tour: un giovanotto bennato e facoltoso, come Goethe, Alexis de Tocqueville e Stendhal, che sfida sempre qualcuno a duello, ha parecchie avventure erotiche e alla fine torna a casa, pronto per incarichi legislativi. Si passa poi al viaggiatore borghese, che dà avvio all'orrendo traffico di chincaglierie e oggetti dozzinali da portare a casa come souvenir e trova più economico e conveniente vivere all'estero. E si finisce col viaggiatore novecentesco, che parla con la povera gente nelle osterie lungo la via e vede nella diversità dei tipi la struttura e l'unità dell'Impero romano. Viaggiatori diversi, ma tutti con la medesima convinzione di trovarsi in un Paese dalla smodata quantità di bellezza, cosi eccessiva e straripante da sperperarsi e perdersi. La parola "bellezza" è il leitmotiv di tutti i Grand Tour che, dalla fine del Settecento, hanno esplorato, interpretato, e in definitiva creato, l'identità italiana, quell'altro da sé che lo straniero decide a un certo punto di far proprio. "La bellezza circostante" ha scritto una volta Brodskij, "è tale che quasi subito si è presi da una voglia assolutamente incoerente, animalesca, di tenerle testa, di mettersi alla pari".

Mario Fortunato indaga la natura mimetica di questo desiderio che, da Wilhelm von Gloden fino a Norman Douglas e a Wystan Hugh Auden, ha spinto illustri scrittori sulle nostre coste, convinti di essere approdati nella terra della più sorprendente libertà sessuale ("tutti lo fanno per divertimento", scrisse Auden a un'amica da Ischia). Lo stesso desiderio mimetico che ha permesso a Frederic Whyte, disegnatore di giardini inglese, di creare in Sabina un perfetto giardino all'italiana, e che, sempre in quel lembo di terra, ha allietato gli ultimi anni del grande editore Giulio Einaudi, il quale con dedizione assoluta curava, potando, innestando e concimando, le rose del suo piccolo giardino all'inglese.

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