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giovedì 7 marzo 2013
Jeremy Bernstein. Salti quantici
Jeremy Bernstein, "Salti quantici" (Adelphi, pagg. 208, euro 24)
"Chiunque non ne resti sconvolto incontrandola per la prima volta evidentemente non l'ha capita" diceva della meccanica quantistica Niels Bohr, uno dei suoi padri fondatori – mentre Einstein ne era piuttosto infastidito: "Dio non gioca a dadi col mondo". Certo è che, visti da vicino, i fenomeni quantistici pongono sconcertanti sfide alla logica e al senso comune, modellati sul mondo macroscopico. A seconda delle situazioni, la materia è onda o particella e il confine tra l'osservatore e il fenomeno osservato diventa pericolosamente labile. Coppie di particelle originatesi insieme, ma separate da distanze di chilometri, si comportano come se fossero una unità inscindibile, quasi comunicassero per via telepatica: una trasmissione superluminale, o addirittura istantanea? Ma questa possibilità è negata dalla teoria della relatività, l'altra colonna portante della nostra visione del mondo. Un simile argomento, così remoto dall'esperienza comune, per essere seriamente studiato richiede conoscenze matematiche avanzate e un lungo tirocinio scientifico. Chi ha voluto divulgare i concetti quantistici presso il grande pubblico ha invece il più delle volte finito per banalizzarli ed estenderli ben al di là delle intenzioni dei loro creatori, alimentando ogni sorta di mode e di credenze. Un salutare antidoto è costituito da questo libro, illuminante excursus storico-autobiografico nell'universo della fisica, in cui Jeremy Bernstein, intrecciando all'analisi di vari fenomeni culturali che ruotano intorno alla meccanica dei quanti amabili aneddoti sui suoi grandi protagonisti – un filo conduttore essenziale è dato ad esempio dalle ricerche di John Bell, grazie al quale è rinato l’interesse sui fondamenti di questa teoria –, dissolve luoghi comuni e puntualizza concetti chiave, sovente fraintesi.
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