mercoledì 6 marzo 2013

Kulka. Paesaggi della metropoli della morte




Otto Dov Kulka, "Paesaggi della metropoli della morte. Riflessioni su memoria e immaginazione" (Guanda, pagg. 192, euro 17)

Lo studioso israeliano Otto Dov Kulka (1933- ), professore emerio alle Hebrew University di Gerusalemme, ha dedicato tutta la propria opera all’analisi rigorosa e impersonale dell’Olocausto e dei suoi legami con la società tedesca.
Ora, a decenni di distanza, decide di spezzare il silenzio in cui ha relegato la propria esperienza di bambino deportato ad Auschwitz (all'età di dieci anni) e di far convergere in un unico libro il dato autobiografico e quello storico, rivelando le mitologie elaborate sulla base delle proprie impressioni d’infanzia e confrontandole con la realtà dei documenti e dei resoconti altrui, e con l’immaginario comune sulla realtà dei campi di sterminio.
Auschwitz è per Kulka la Metropoli della Morte, su cui domina implacabile la Legge della Morte. Ma è anche il luogo in cui, grazie agli insegnamenti dei malati ricoverati come lui in infermeria, scopre i capisaldi della cultura occidentale, in cui coglie nel cielo primaverile squarci di bellezza assoluta, in cui intona l’Inno alla gioia a poche centinaia di metri dai forni crematori, insieme al coro dei ragazzi del "campo famiglia", l’illusoria isola di normalità creata a uso e consumo degli ispettori della Croce rossa.
Ripercorrendo i frammenti del proprio mondo interiore e i luoghi reali in cui un tempo ha vissuto, Kulka fornisce un resoconto di cosa significhi essere immersi nell’esperienza dei campi di sterminio, rinchiusi in un mondo dominato dalla Morte da cui è impensabile uscire.

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