giovedì 26 settembre 2013

Pedro Zarraluki. La storia del silenzio



Pedro Zarraluki, "La storia del silenzio" (Neri Pozza, pagg. 160)

Nelle pianure desertiche della Spagna del Nord il sole picchia così forte che, all’orizzonte, l’asfalto pare sul punto di sciogliersi. I due passeggeri della decappottabile che sfreccia lungo la strada, tuttavia, non sembrano preoccuparsene.
L’uomo guida con gli occhi socchiusi e pensa con un certo sollievo al romanzo che ha deciso di abbandonare. La donna che gli siede accanto, Irene, sebbene sia stata appena licenziata dalla casa editrice in cui lavorava, canticchia e conta i cippi sul ciglio della strada. Quando, all’improvviso, sentono un rumore – «come se qualcuno agitasse una scatola piena di viti» – l’auto si arresta, e lo scrittore e Irene si siedono all’ombra di un albero.
Avvolti dalla totale mancanza di suoni di quella campagna brulla e assolata, sprofondano in un torpore così assoluto, così carico di serenità e magia da pensare: «perché non scriviamo un libro sul silenzio?»
Eccitati dalla novità del progetto, fanno ritorno a Barcellona e si mettono al lavoro. Irene va in biblioteca, consulta testi, disegna schemi e scalette. Lo scrittore invita a casa amici e ascolta Olga, madre di due bambini e con una storia d’amore difficile alle spalle, che dice di essere rimasta due ore senza parlare nel mezzo di una festa; ascolta Silvia, la migliore amica di Irene, che parla dei vuoti e delle incomprensioni con François, l’insegnante di francese con cui sta uscendo; e Amador, depresso cronico e ossessionato dalla solitudine, che vorrebbe fare come Fitzgerald e uscire di notte con una carabina in mano.
Man mano che il libro cresce, infarcendosi dei racconti degli amici, di domande («perché il silenzio è imbarazzante in una cena tra amici, ma non sulla vetta di una montagna?»), di citazioni da Auden o da Calvino, di aneddoti su tribù africane talmente abituate al silenzio da parlare sottovoce, o di racconti come quello del primo uomo che «fabbricò il silenzio» agitando una campanella sottovuoto, lo scrittore e Irene smettono di parlare, si allontanano, come se fossero diventati essi stessi oggetti della loro ricerca. E quando, dopo un tradimento, la loro storia sembra arrivata al capolinea, una nuova idea, un nuovo esaltante progetto li riavvicina, rendendoli complici come un tempo.

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