giovedì 30 gennaio 2014

Jorge Semprún, Esercizi di sopravvivenza



Jorge Semprún, "Esercizi di sopravvivenza" (Guanda, pagg. 140)

«Lo sa che cosa l’aspetta, se viene arrestato dalla Gestapo?» È la domanda secca, diretta, che il ventenne Jorge Semprún, nel 1943, si sente rivolgere da Henri Frager, il capo della cellula di Resistenza francese a cui appartiene. Una domanda che sottintende una sola risposta: la tortura. Di questa esperienza, per tutta la vita, Semprún ha parlato poco, ma in Esercizi di sopravvivenza, prima parte del suo «libro interminabile» rimasto tragicamente incompiuto, la affronta con una chiarezza e insieme un pudore che vanno nella direzione opposta al facile eroismo. Perché «sarebbe assurdo, persino nefasto» si legge, «considerare la resistenza alla tortura alla stregua di un criterio morale assoluto».
In un movimento incessante tra presente e passato, l’autore rievoca situazioni, personaggi, volti ed episodi della deportazione e della liberazione, e nello stesso tempo medita sulle relazioni tra la realtà e la scrittura, personalizzando la storia mentre storicizza la propria vita, coniugando l’intimo con il frastuono e il furore, come osserva Régis Debray nella postfazione.

Jorge Semprún (1923-2011), nato a Madrid, emigrato con la famiglia a Parigi durante la guerra civile spagnola, ha preso parte alla Resistenza francese ed è stato deportato a Buchenwald nel gennaio 1944. A partire dagli anni Sessanta si è dedicato attivamente alla letteratura, scrivendo sia in francese sia in spagnolo, e al cinema, come sceneggiatore. Fra i suoi libri: Il grande viaggio (1963), (1977), Vivrò col suo nome, morirà con il mio (2005). Semprún è stato ministro della Cultura in Spagna dal 1988 al 1991.

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