giovedì 19 giugno 2014

La confessione della leonessa



Mia Couto, "LA CONFESSIONE DELLA LEONESSA" (Sellerio, pagg. 244)

In Mozambico un branco di leoni attacca a più riprese un villaggio, causando oltre venti vittime. Per eliminare le belve assassine il governo invia una squadra di cacciatori, che si trova a fronteggiare non solo gli animali ma anche gli uomini e le loro convinzioni. Tra la popolazione si è diffusa la credenza che i leoni siano inviati del mondo dei morti o evocati da astuti stregoni per compiere vendette e seminare il terrore.
Mia Couto prende spunto da una storia vera, per quanto inconsueta, e a questa premessa sovrappone magistralmente il proprio sguardo, la voce della pagina letteraria, capace di muoversi nel tempo e nello spazio, di entrare nelle menti e negli animi, e di fingere per dire la verità. Nella sua storia il racconto diventa una testimonianza in prima persona, affidata in capitoli alternati all’esperto cacciatore assoldato dall’amministrazione locale e all’unica superstite di una famiglia a cui i leoni hanno già ucciso tre figlie, e si svolge in un’archetipa comunità segnata dalle cicatrici della guerra civile che ha sconvolto il paese fino agli anni ’90.
È un luogo d’immersione totale in un mondo arcaico, dove la modernità sembra non esistere e tradizioni, cosmogonie e leggende di un paesaggio culturale ancora intatto resistono a ogni contatto con la contemporaneità. I vivi e i morti comunicano tra loro, e non c’è soluzione di continuità tra i fenomeni del mondo naturale: le malattie possono trasferirsi da un essere umano a un albero, e un uomo può tranquillamente mutarsi, almeno per un certo tempo, in una belva feroce...

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