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martedì 16 settembre 2014
10 libri. La nuova moda di facebook
Apprezzo molto questa nuova moda di facebook dei 10 libri preferiti, come apprezzo - in generale - ogni iniziativa che fa parlare dei libri. Nominato dal grande Edoardo Cavadini segnalo anch'io 10 titoli.
Per evitare strani cortocircuiti ed elenchi troppo eterogenei e composti da parti tra loro del tutto incommensurabili (per quanto io sia disordinato, mi rifiuto di mettere in uno stesso gruppo Aristotele e Jonathan Franzen, Curzio Malaparte e Andrea Vitali, Sant'Agostino e Andrea De Carlo, Michel Foucault e Silvia Avallone) evito in questa sede i Classici e i libri di filosofia. Non certo perché siano stati meno importanti nella mia vita rispetto ai romanzi usciti negli ultimi due / tre anni, ma un po' mi fa specie fare una classifica tra Platone e Kant o tra I Promessi sposi e Madame Bovary o tra il Qohelet e il Cantico dei Cantici, un po' vedo che quasi nessuno cita titoli di narrativa recenti, per cui – qui parlo anche da libraio – trovo più interessante segnalare 10 ROMANZI RECENTI che sono convinto resteranno per sempre – per tutta la mia vita – tra i miei personali classici.
10 ROMANZI RECENTI (ce ne sono diversi altri che meriterebbero, per esempio non cito il mitico "La verità sul caso Harry Quebert", giallone spettacolare, assolutamente da leggere; ci sarebbero poi anche...insomma basta, sto al gioco e ne scelgo dieci):
1) MAURIZIO DE GIOVANNI, LA SERIE DEL COMMISSARIO RICCIARDI (da leggersi come un unico romanzo ancora in fieri, per il momento sono sette libri editi da Einaudi: Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera, In fondo al tuo cuore)
[Ah, è un bravo "giallista"? No, è il più grande scrittore italiano]
[" 'Mi devi saper aspettare'. Lui provò una fitta al cuore. Non era preparato a questo. Non aveva mai pensato alla propria vita senza di lei. L'imbarco era iniziato. Tra chi rimaneva a terra qualcuno piangeva, ma, si rese conto con orrore, non piangeva nessuno tra quelli che stavano partendo; al massimo, salendo la scaletta, si giravano a guardare e salutavano alzando il braccio. Piange chi resta, non chi parte, pensò. Piange chi resta. La malinconia gli strinse la gola"
2) RICHARD FORD, "CANADA" (Feltrinelli)
[Romanzo potentissimo, stoico, contro la cultura del piagnisteo e del vittimismo oggi imperante]
["Quello che so è che nella vita hai migliori possibilità – di sopravvivere – se sopporti bene le sconfitte; SE RIESCI A NON DIVENTARE CINICO NEL CORSO DI QUESTO PROCESSO; se riesci a subordinare, come indicava Ruskin, a mantenere le proporzioni, a collegare le cose disuguali in un intero che protegga quanto c'è di buono, anche se bisogna riconoscere che spesso il buono non è semplice da trovare. Ci proviamo...”]
3) SILVIA AVALLONE, "MARINA BELLEZZA" (Rizzoli)
[Un capolavoro. Il grande romanzo italiano sulla Crisi, il romanzo generazionale dei ventenni e trentenni di oggi. So che Silvia Avallone è considerata da alcuni critici come un'autrice di serie B. Semplicemente: sbagliano, e mi chiedo a questo punto se certuni li leggano veramente, e li leggano fino in fondo, i libri che recensiscono. Domanda retorica...]
["Andrea la guardava dalla strada. Lui era tutto il suo pubblico ormai. Erano loro due e basta, in Arizona. (…) Lei non aveva più bisogno di chiedergli se aveva cantato bene, e lui non aveva più bisogno d’inseguirla da nessuna parte. Perché erano più forti loro. Lei in mutande in cima al pickup e lui seduto in mezzo alla strada. Più forti dell’Italia che colava a picco, più forti dei loro genitori che non erano stati capaci di renderli felici né adulti. Più forti di Biella, della loro storia, di tutto quello che li aveva traditi. Erano sopravvissuti. Erano capaci di stare in piedi anche in un mondo diroccato, abbandonato, depredato. Erano due eroi"
4) MARCELLO FOIS, L'EPOPEA DELLA FAMIGLIA CHIRONI (da leggersi come un unico romanzo in due libri, editi da Einaudi: Stirpe, Nel tempo di mezzo)
[Un romanzo tragico, epico e biblico, un libro d'altri tempi, elegantissimo, raffinato, poetico; una saga familiare sarda che attraversa un secolo, dall'ultimo decennio dell'800 agli anni settanta del '900]
["A Michele Angelo venne in mente il sogno del faraone che ha visto sette vacche grasse e sette vacche magre, e l'interpretazione di Giuseppe che sentenzia: "Sette anni di abbondanza e sette anni di carestia". E ciò rimetterebbe a posto le cose: tenersi pronti per la carestia durante l'abbondanza. Ma quella è una saggezza talmente elementare che si frantuma al primo scossone della realtà. Che succede quando abbondanza e carestia dormono sullo steso letto, quando c'è il cibo ma non ci sono più le bocche da sfamare?"]
5) EDOARDO ALBINATI, "VITA E MORTE DI UN INGEGNERE" (Mondadori)
[L'amore per il padre, la malattia, la morte. Un libro bellissimo e commovente]
["Non l'ho mai sentito lamentarsi per un lavoro gravoso, per una giornata pesante. Se penso che a me basta un paio d'ore di un qualsiasi impegno per prosciugare le mie forze, mi viene da chiedermi attraverso quali fessure e per quali rivoli si sia dispersa, trasmettendosi di padre in figlio, quella preziosa energia (...) mentre mio padre schiacciando una dopo l'altra un incredibile numero di sigarette del monopolio in fondo ai posacenere del suo ufficio e della sua automobile, macinava il tempo del lavoro con vorace determinazione, mitragliava sopralluoghi, appuntamenti, incontri e scontri, e laddove il lavoro sembrava esaurirsi, lui se ne creava dell'altro inventandosi difficoltà, improvvisi inceppi nell'andamento dei suoi affari, guai simulati e problemi virtuali, tanto per aver del materiale da gettare nella caldaia del suo inarrestabile motore. (...) Sai, pensavamo che alla fine si sarebbe tolto quella maschera, ce lo aspettavamo, cambierà, non può conservare questo atteggiamento di autocontrollo sino alla fine, lo aspettavamo tutti e per prima mia madre, invece quella maschera se l'è premuta sul volto sino alla fine, fino all'ultimo istante, nessuno ha potuto strappargliela, è morto con la maschera"
6) ANDREA DE CARLO, "VILLA METAPHORA" (Bompiani)
[Romanzo monumentale, ambizioso, da virtuoso della scrittura. Magistrali i giochi linguistici ("dialetto tarese") e i cambi di punto di vista (voce narrativa) e di registro tra i diversi capitoli. So che De Carlo oggi va poco di moda tra i critici. Non so che dire: probabilmente chi parla male di questo libro non l'ha letto, essendo di oltre novecento pagine alcuni evidentemente hanno preferito sfogliarlo per poi pontificare a caso; io ho ancora il vizio di leggere i libri per intero; se li interrompo prima della fine, non li giudico, se non al bar...]
["Carmine Alcuanti cecca e ricecca ancora l'ormeggiatura del Chris Craft tra le imbarcature del porto, i parabordi messi in loco per non far sgrafinare le fiancate da qualche smottaonda del Continente. Poi schippa sul molo, sguampa dal molo alla banchina, pausa a ricontemplare il transacqua. Sembra un Riva, ma cento volte più luxante e slungato, davvero astonante, tre pozzetti uno dietro l'altro, un trionfamento di mogano supermaturato, superlucidato. È un transacqua da presidentoni americani, da capintesta mondomiranti, uno squarciamare da superricchi d'altro tempore...]
7) MASSIMILIANO PARENTE, "IL PIU' GRANDE ARTISTA DEL MONDO DOPO ADOLF HITLER" (Mondadori)
[Feroce, grottesca, esilarante satira del mondo dell'arte contemporanea, dei critici, dei giornalisti, dei galleristi e dei collezionisti che rendono feticci dalle quotazioni astronomiche le più risibili "provocazioni" da quattro soldi degli "artisti"]
["Mamma mia che due palle quel cazzo di blu di Kleyn. All’inizio dev’essersi sentito bene, a fare tutti i quadri blu. Deve aver pensato che era una grande idea. Anche lui doveva avere un sacco di problemi in meno, ancora meno di Mondrian. Non doveva mai decidere cosa dipingere, neppure se un quadrato o due quadrati o un rettangolo e cinque quadrati, dipingeva sempre lo stesso blu, tutto il quadro blu. Un po’ come Einstein che decide di vestirsi sempre uguale per non perdere tempo a pensare come vestirsi. Ma Einstein era uno scienziato, non era un sarto. Quindi che palle essere Mondrian e Klein tutta la vita, c’è da spararsi. Immagino la moglie di Klein, se ne aveva una: ‘Amore, vieni a vedere cosa ho dipinto!’. La moglie di Klein arrivava e siccome lo amava doveva pure fare finta e esclamare: ‘Amore, è bellissimo! È un altro quadro tutto blu! Sono così fiera di te! Come ti è venuto in mente?’. (…) E comunque spesso si stufano pure loro stessi. Klein cominciò a variare le dimensioni dei quadri, un blu più piccolo, un blu più grande. Ma il più incasinato è stato Malevic, che dopo aver inventato il quadrato nero su fondo bianco inventò il quadrato bianco su fondo bianco e si deve essere reso conto che a quel punto non aveva più un cazzo da dipingere, aveva esagerato, si era infilato in un vicolo cieco. Malevic con quei quadrati era nella merda fino al collo. Non deve essere stato facile per Malevic uscirne, deve essere stata dura fare retromarcia dopo il quadrato bianco su fondo bianco. La gente deve avergli detto: ‘Ma come, ci hai fatto due palle così con il suprematismo, l’assenza di oggettività, il quadrato nero, il quadrato bianco e adesso ti rimetti a dipingere figurativo?’. Ma lui non è che poteva andare avanti tutta la vita a fare il cerchio bianco su fondo bianco, il triangolo bianco su fondo bianco, l’esagono bianco su fondo bianco"]
8) GIOVANNI COCCO, "IL BACIO DELL'ASSUNTA" (Feltrinelli)
[Il mondo cattolico, lombardo, dei primi anni Ottanta, sullo sfondo incantevole del Lago di Como. La parrocchia, il bar, il parroco, la perpetua e l' "anarchico" di paese. Un libro vero, in cui ho ritrovato la mia infanzia. Un libro lontano dalla moda ormai stucchevole di inserire ovunque – nei romanzi – eserciti di tossici, sbandati, pazzi, malati, maniaci e drogati e alcolizzati vari, come se fossero ingredienti indispensabili per costruire una storia]
["Più avanti vado nel tempo e più mi si accorcia la strada futura, più sono portato a riconoscere la strada giusta nella preghiera dei semplici. Coloro che non hanno studiato e che a malapena riescono a leggere le preghiere sul catechismo. La missione per cui ho speso la mia vita intera, la predicazione e la cura d'anime, si rivela ogni giorno di più insufficiente di fronte a certe scelte che la vita, talvolta, pone davanti. L'altro giorno, passando per le case del paese come ogni anno in occasione della benedizione natalizia, ho potuto toccare con mano la sofferenza che a volte colpisce le nostre famiglie. C'è una famiglia dalle parti di Bonzanigo, che abita in una casetta proprio sopra il borgo. Brava gente, lavoratori. (...) Hanno avuto una figlia due estati fa, dopo anni che l'aspettavano. (...) La bambina è ammalata. L'ho saputo dai vicini. Una malattia che le impedisce di crescere. Per questo non hanno voluto ricevere la benedizione natalizia. E allora mi chiedo, Signore che stai su in Cielo, perché hai scelto proprio loro per questa prova? Non potevi scegliere il tuo umile servo, che è già in là con gli anni? La mia posizione e il mio ruolo mi impongono di non mostrare segni di debolezza. Guai se il pastore del gregge dimentica anche solo per un attimo la strada. Però a volte è così difficile, Signore. Ricavare il bene anche dal male, sta scritto. Ma perché il male spesso si accanisce contro chi non ha nulla?" ]
9) ANDREA VITALI, "LA FIGLIA DEL PODESTA'" (Garzanti)
[Qui non cito nulla, leggete il libro. Dico solo una cosa: non c'è niente di più difficile per uno scrittore che riuscire a far RIDERE (non semplicemente sorridere) il lettore. Vitali ci riesce. Il passo del maestro che ci prova con la telefonista è la cosa più divertente, più comica, più spassosa che io abbia mai trovato in un libro]
10) JONATHAN FRANZEN, "LIBERTA' " (Einaudi)
[Grande saga famigliare a stelle e strisce. Il romanzo americano pop per eccellenza. Lo metto davanti al Cardellino di Donna Tartt, che è un grandissimo libro ma ha un messaggio sbagliato: c'è TROPPA mollezza, troppa rassegnazione, troppo malcelato compiacimento nei confronti di personaggi borderline, drogati e alcolizzati fradici che non vogliono cambiare e non cercano di cambiare; non sono io che faccio il moralista, è il romanzo che si conclude con un ampio capitolo filosofico, esistenziale, che dà un messaggio al lettore, e il messaggio è sbagliato. Un discorso analogo vale per "Dio di illusioni", sempre della Tartt]
["Joey capì d'un tratto, per la prima volta, cosa s'intendeva col termine 'mozzafiato'. Jenna aveva quella bellezza sconvolgente che relegava tutto ciò che la circondava, persino le funzioni fisiologiche primarie dell'osservatore, a un ruolo marginale. (...) Eppure, quando infine le lanciò un'occhiata, Joey aveva il cervello troppo sconvolto per vederla davvero. Era una situazione stranamente stancante. Non c'era modo di atteggiare la faccia a un'espressione che non fosse falsa e imbarazzata. Si rendeva conto di fissare il pavimento con una smorfia penosamente stupida, mentre Jenna bisticciava con il fratello, misteriosamente insensibile al suo fascino"]
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