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giovedì 4 settembre 2014
Spettri di Nietzsche (Maurizio Ferraris)
MAURIZIO FERRARIS, "SPETTRI DI NIETZSCHE" (Guanda, pagg. 272)
"In fondo la tua vecchia creatura adesso è un animale straordinariamente famoso" scrive Nietzsche alla madre, da Torino, nel dicembre 1888. Vuole illudere lei e se stesso: non è vero, nessuno lo conosce, è costretto a pubblicare i libri a proprie spese. Ma nel 1900, quando muore, ignaro di tutto dopo il tracollo che lo ha ridotto alla demenza, è davvero la star che aveva sognato di essere, celebrato da D’Annunzio e Thomas Mann, messo in musica da Strauss e dipinto da Munch. Soprattutto, per uno strano sortilegio, la volontà di potenza sembra uscire dalle pagine dei libri per farsi storia, dalle tempeste di acciaio della Prima guerra mondiale alla catastrofe di Hitler a Berlino.
"Io sono Marlow, il testimone secondario. Lui è Kurtz" scrive Maurizio Ferraris, e risale la vita di Nietzsche come un fiume – il Congo di Cuore di tenebra o il Mekong di Apocalypse Now – ripercorrendone i vagabondaggi, tra l’Engadina e la Riviera, dalla fatale Torino alla Sassonia delle origini. Così a ogni stazione corrisponde un contenuto di pensiero – dal dionisiaco all’Eterno Ritorno, dal nichilismo alla morte di Dio – e insieme uno spaccato della storia intellettuale del Novecento, tra Jim Morrison e Heidegger, il ¡Viva la muerte! di José Millán-Astray y Terreros e la rivoluzione desiderante di Deleuze e Guattari, il Super-Eliogabalo di Arbasino e la scoperta degli antidepressivi. La fenomenologia dello spirito di una modernità tragica e rumorosa attraverso la storia di quello che si credeva (e non del tutto a torto) "il più silenzioso degli uomini".
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