"La scrittura in esilio" di Enrico Lucca (Led, pagg. 160, euro 21,50).
L'amico Enrico Lucca (Como 1983, dottorato in Filosofia all'Università degli Studi di Milano, attualmente all'Università di Gerualemme), brillante studioso del pensiero ebraico novecentesco, firma questa monografia sulla figura di Edmond Jabès (1912-1991), poeta ebreo-egiziano in esilio a Parigi, "figura assai singolare nel panorama della letteratura novecentesca". L'analisi delle opere di Jabès offre lo spunto per una più generale riflessione su alcuni snodi culturali fondamentali dell'ebraismo novecentesco. Figure dell'esilio (L'esilio prima dell'esilio. La Francia vista dall'Egitto / Ebraismo, scrittura, alterità. A confronto con Lévinas e Blanchot); L'ossessione del Libro (Illeggibilità e inclassificabilità / Citazioni, scrittura interrogante e poetica del frammento / Scrittore e lettore davanti al libro); Un'ermeneutica 'in hebraicis' (La tradizione ebraica. Lettura infinita e molteplice apertura del senso / Le tavole spezzate. In principio era la ferita).
"Il deserto assurge così a metafora del vuoto, di quell'abisso che spalanca lo spazio possibile di ogni significato. Il silenzio e la solitudine dei luoghi desertici, riecheggiati anche nei frequenti spazi bianchi e nel grande respiro della pagina, rappresentano l'esatto parallelo dell'importanza attribuita da Jabès alla parola poetica. (...) Simili ad un messaggio in bottiglia lanciato nell'Oceano a rischio di smarrirsi per sempre tra i flutti, la scrittura e la poesia si affidano ad un possibile quanto ignoto lettore venturo, affinché la loro fatica non possa dirsi perduta".
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