giovedì 24 maggio 2012

Hitch 22. L'autobiografia di Christopher Hitchens



Christopher Hitchens, "Hitch 22. Le mie memorie" (Einaudi, pagg. 558, euro 21)


A cinque mesi dalla morte di Hitchens (dicembre 2011) esce ora la traduzione italiana dell'autobiografia dello scrittore e intellettuale inglese (l'edizione originale è uscita in Inghilterra e Stati Uniti nel 2010). Noto al pubblico italiano soprattutto per il best seller "Dio non è grande. Come la religione avvelena ogni cosa" (2007), oltre che per una serie di altre pubblicazioni pesantemenete antireligiose e anticlericali (per esempio "La posizione della missionaria. Teoria e pratica di Madre Teresa"), Christopher Hitchens, inglese naturalizzato statunitense, è stato nel mondo anglosassone un importante intellettuale, giornalista con numerose esperienze da inviato (tra l'altro in Uganda e in Darfur), commentatore politico con posizioni spesso estreme e provocatorie, amico di Salman Rushdie, di Ian McEwan, di Martin Amis. Accanito bevitore e fumatore, perennemente dissacratorio, Hitchens è passato negli anni da posizioni di estrema sinistra con simpatie trockijste a posizioni neo-con contraddistinte da critiche sempre più radicali alle sinistre dei Paesi occidentali, a quello che chiamava "islamofascismo" (dopo l'11 settembre), fino all'appoggio all'intervento di George W. Bush in Iraq. Infine, negli ultimi anni, l'ennesimo cambiamento di rotta con l'appoggio a Obama per le ultime presidenziali americane. L'autobiografia "è anche l'occasione per ripercorrere, in una galoppata affascinante, alcuni dei capitoli più intensi e decisivi della storia contemporanea", dalle proteste degli anni Sessanta e Settanta alla caduta del Muro di Berlino e il crollo delle ideologie fino agli scenari politici successivi all'11 settembre. Oltre alla vita privata di Hitchens, la tragica figura della madre Yvonne, morta suicida, le amicizie, gli amori, le due mogli, i rimpianti per essere stato un padre assente, gli eccessi alcolici, il rifiuto viscerale di ogni religione, fino alla malattia terminale, il cancro che l'ha ucciso all'età di 62 anni, a cui viene dedicato uno scritto introduttivo.


"Ah, le parole sono un povero balsamo per ciò che il tempo si è portato via..." (John Clare, Remembrances)

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