mercoledì 6 giugno 2012

Il senso di una fine. Man Booker Prize 2011



Julian Barnes, "Il senso di una fine" (Einaudi, pagg. 158, rilegato, euro 17,50)


Forse un po' troppo breve ma pregevole romanzo dello scrittore inglese Julian Barnes, che arriva per la quarta volta in finale al Man Booker Prize (il più importante premio letterario di lingua inglese) e questa volta vince. "Il senso di una fine" - vincitore del Man Boooker Prize 2011, uscito in questi giorni in edizione italiana - è la storia, narrata in prima persona, dell'inglese Tony Webster. Ormai anziano, da anni divorziato e padre di una donna ultratrentenne, Tony riceve un giorno una lettera da parte di un avvocato, che gli segnala il lascito di cinquecento sterline e di un diario da parte di una donna da poco defunta, madre di Veronica, fidanzatina che frequentava quarant'anni prima. Il diario è di Adrian, amico di scuola con cui Veronica si era fidanzata, ai tempi, subito dopo aver lasciato Tony. Cosa si nasconde dietro questo stranissimo lascito testamentario? Una tristissima verità, che Tony riuscirà a capire soltanto dopo alcuni mesi.


"Quanti luoghi comuni ci portiamo appresso con disinvoltura, dico bene? Ad esempio, che il ricordo corrisponda alla somma di evento più tempo trascorso. E invece funziona in modo molto più strano di così. Non so più chi ha detto che il ricordo è ciò che pensavamo di aver dimenticato. Inoltre dovrebbe apparirci ovvio come il tempo per noi non agisca affatto da fissativo, ma piuttosto da solvente. Solo che credere questo non conviene, non serve; non aiuta a tirare avanti; perciò fingiamo di non saperlo. (...) La storia è quella certezza che prende consistenza là dove le imperfezioni della memoria incontrano le inadeguatezze della documentazione"

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