venerdì 14 settembre 2012

Il manoscritto




Stephen Greenblatt, "Il manoscritto" (Rizzoli, pagg. 370, rilegato, euro 22)

Libro vincitore del Premio Pulitzer 2012 per la Saggistica e del National Book Award 2011, e primo titolo de "I sestanti", nuova collana di storia e saggistica della Rizzoli diretta da Paolo Mieli (previsti dodici titoli all'anno, uno al mese).

Il libro di Stephen Greenblatt (professore di Letteratura inglese all'Università di Harvard) è la storia della scomparsa e dell'avventuroso ritrovamento del poema "De rerum natura" di Lucrezio (I sec. a. C.).
Uno dei libri più importanti della storia della filosofia, che ci ha permesso di conoscere l'epicureismo e che è stato da subito condannato dai Padri della Chiesa (ma anche Giuliano l'Apostata non apprezzava l'epicureismo) perché negava sia la creazione sia la natura spirituale e il destino ultraterreno dell'anima (tutto è materia, insieme di atomi), perché considerava scopo supremo della vita l'aumento del piacere e la riduzione del dolore, e perché considerava ogni religione come illusione e superstizione dannosa per l'esistenza umana (quando scriveva Lucrezio mancavano alcuni decenni alla nascita di Cristo ma ovviamente il De rerum natura non poteva essere apprezzato dai primi cristiani...).
Nell'Alto Medioevo il testo di Lucrezio era quindi lentamente scivolato nell'oblio. Furono i monaci (come per la totalità dei testi antichi che sono arrivati fino a noi) a salvare il De rerum Natura di Lucrezio dalla scomparsa. L'umanista Poggio Bracciolini ritrovò l'unica copia sopravvissuta, copiata da un monaco secoli prima, nel monastero di Fulda, nel 1417. Di lì a poco sarebbero arrivati Gutemberg e l'invenzione della stampa (1450), il Rinascimento e la Rivoluzione Copernicana. Nel 1551 il Concilio di Trento proibì ufficialmente la lettura di Lucrezio, ma ormai era troppo tardi, e il "De rerum natura" fu letto e apprezzato da tutti i grandi della prima Modernità, da Tommaso Moro a Giordano Bruno a Shakespeare a Galileo a Newton a Spinoza.

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