giovedì 4 ottobre 2012

Donne con il fucile in spalla. Bandite, brigantesse, partigiane




"C'è un filo rosso che unisce le storie delle brigantesse e delle partigiane. Le donne che a cavallo dell'Unità d'Italia imbracciarono il fucile, lo fecero in genere dopo la rottura di un equilibrio domestico e umano determinato dall'uccisione o cattura del loro uomo o per seguire un altro uomo (...). Quelle che scelsero la lotta armata, unendosi ai partigiani durante la Repubblica sociale, risposero prima di tutto a un richiamo affettivo e civile, di genere, rivendicando la loro essenza di donne: 'Noi non abbiamo fatto la guerra', dice una di esse. 'Abbiamo fatto le donne"

Pino Casamassima, "Bandite! Brigantesse e partigiane. Il ruolo delle donne col fucile in spalla" (Stampa Alternativa /Nuovi Equilibri, pagg. 216, euro 15)

Saggio storico che mette a confronto il comportamento e il ruolo delle donne combattenti durante la Resistenza e la Liberazione dal nazifascismo con il fenomeno delle brigantesse (Michelina Di Cesare, Filomena Pennacchio, Maria Oliverio detta Ciccilla, Giuseppina Vitale, Maddalena De Lellis detta Padovella, ...) che dopo il 1860, nell'Italia da poco unita, imbracciarono il fucile e si unirono a bande di briganti per contendere il controllo delle regioni dell'ex Regno delle Due Sicilie all'esercito italiano.
Due fenomeni dall'importanza storica e dall'esito esistenziale ben diverso (le brigantesse furono sconfitte dalla Storia, e finirono uccise o bandite dalla società ed emarginate), ma accomunati da un'analogo desiderio di emancipazione, di rivalsa e di autoaffermazione femminile.

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