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giovedì 22 novembre 2012
Misia
Misia Sert, "Misia" (Adelphi, pagg. 248, euro 19)
Le memorie di Misia Sert (1872-1950), apparse postume nel 1952, uscite in Italia nel 1981, riproposte oggi in una nuova edizione con un inserto fotografico e un saggio di Claude Arnaud.
Misia Sert: sorta di musa della Belle Epoque e salottiera parigina dell'epoca, oltre che pianista, e amica di Mallarmé, Toulouse-Lautrec, Zola, Verlaine, Renoir, Debussy, Picasso, Ravel, Jarry, Stravinskij, Proust (che si ispirò a lei per il personaggio di Madame Verdurin).
"L'unica donna di genio che abbia mai incontrato" affermò, perentoria, Coco Chanel (la quale volle occuparsi personalmente della sua toilette mortuaria). Del resto, era stata proprio Misia a intuire nella taciturna modista di provincia un diamante allo stato grezzo – giacché era appunto questo il suo grande talento: fiutare il talento negli altri. Fu così che la "bella pantera imperiosa e sanguinaria" (Eugène Morand), con il suo "viso dolce e crudele di gatta rosa" (Jean Cocteau), accompagnò e protesse (per poi, a volte, disfarsene con noncuranza) pittori, musicisti, scenografi, ballerini e coreografi negli anni leggendari dell'avanguardia parigina – quando le scoperte dell'arte erano anche eventi mondani e gli eventi mondani lanciavano un nuovo stile di vita. Di quell'epoca Misia fu l'incontrastata sovrana: Mallarmé le dedicò un ventaglio, Renoir la pregava di scoprire un po' il seno mentre la dipingeva (ma lei si fece ritrarre nuda solo da Bonnard: per ripicca nei confronti del secondo marito che la tradiva con una giovane attrice), Diaghilev (da lei definito "domatore e mago") ricorreva tempestosamente al suo aiuto, Proust rispondeva ai suoi rimproveri, e Ravel le dedicò Le Cygne e La Valse.
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