Libreria Torriani di Luigi Torriani (foto di Nicola Vicini)

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sabato 1 dicembre 2012

Malaparte: Il ballo al Kremlino




Romanzo incompiuto ("Il ballo al Kremlino. Materiale per un romanzo") del grandissimo Curzio Malaparte, proposto da Adelphi con ampio apparato di note (pagg. 424, euro 22)

La fama di Malaparte è legata soprattutto a Kaputt (1944) e a La pelle (1949): ma pochi conoscevano finora questo libro segreto, che potrebbe costituire il terzo pannello del grande affresco sulla decadenza dell'Europa. Germinato nel 1946 dal cantiere della Pelle, divenuto romanzo autonomo, ceduto nel 1948 a Gallimard e poi abbandonato (verosimilmente nel 1950), Il ballo al Kremlino è un insolente ritratto della «nobiltà marxista» alla fine degli anni Venti, allorché comincia ad aleggiare l'odore di ferro e di carbone della prima Pjatiletka e l'ar­resto di Kamenev proietta la cupa ombra delle epurazioni: Stalin, che ogni sera dal suo palco all'Opera scruta l'indi­cibile grazia della Semënova e sembra contenderla all'enigmatico Karachan, «il più bell'uo­mo d'Europa»; e le beauties dell'alta società sovietica – come la frivola Madame Lunačarskij –, con i loro amori, i loro intri­ghi, i loro scandali, i loro volti «avidi e inquieti»; e il biondo e roseo Florinskij, Capo del Protocollo del Commissariato del Popolo per gli Affari Esteri, che, imbellettato e inci­priato, i piccoli occhi gialli cerchiati di nero e le ciglia indurite dal rimmel, percorre Mosca a bordo del suo tarlato landau; e Madame Kamenev, la sorella di Trockij, che con la sua paura e la sua rassegnazione già diffonde intorno a sé un odore di carne morta. Tutti i protagonisti di questa «cronaca di corte», tutti i membri di questa corrotta oligarchia ci appaiono accomunati da una terribile fatalità, dal presagio di un tragico tramonto, non meno inesorabile di uno scioglimento romanzesco. E non come individui, bensì come corpo sociale, gens du monde, e con distacco li ritrae Malaparte in questa «pittura dal vero» mai tentata prima – giacché in Russia «un Proust ... è inam­missibile, inimmaginabile. La nobiltà mar­xista non tollera che si parli di lei, e delle sue cose, dei suoi fati. Essa esige il silenzio intorno a sé».

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