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giovedì 11 aprile 2013
Irène Némirovsky. Una pedina sulla scacchiera
Irène Némirovsky, "Una pedina sulla scacchiera" (Adelphi, pagg. 175)
Prosegue con questo testo scritto tra la fine del 1932 e l'inizio del 1933 la pubblicazione presso Adelphi delle opere di Irène Némirovsky (1903-1942)
"I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati" è scritto nella Bibbia. All'era dei pirati della finanza e dell'industria, degli imperi economici costruiti sui campi di battaglia è succeduto lo scenario desolante degli anni Trenta: la borsa in caduta libera, la crisi, la disoccupazione – e "tutti quegli scandali ignobili, quei processi, quei tracolli privi di grandezza"...
Come molti della sua generazione, Christophe Bohun non ha né ambizioni, né speranze, né desideri, né nostalgie. È un modesto impiegato nell'azienda che suo padre – il Bohun dell'acciaio, il Bohun del petrolio, l'uomo del quale si diceva: "Dove passa lui crescono solo rovina e guerra" – è stato costretto, dopo un clamoroso fallimento, ad abbandonare nelle mani del socio. Si lascia svogliatamente amare da una moglie di irritante perfezione e da una cugina da sempre innamorata di lui. "È la pedina" annota la Némirovsky sulla minuta del romanzo "che viene manovrata sulla scacchiera, che per due o tremila franchi al mese sacrifica il suo tempo, la sua salute, la sua anima, la sua vita". Alla morte del padre, però, Christophe trova in un cassetto, bene in evidenza, una busta sigillata: dentro, un elenco di parlamentari, giornalisti, banchieri a cui, nel tentativo di evitare il crac, il vecchio Bohun aveva elargito somme ingenti affinché spingessero il governo ad accelerare i preparativi bellici. Riuscirà questo bruciante retaggio, questa potenziale arma di ricatto, e di riscatto, a scuotere Christophe dal suo "cupo torpore"?
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