giovedì 14 novembre 2013

V.S. Naipaul. Il massaggiatore mistico



V.S. Naipaul, "IL massaggiatore mistico" (Adelphi, pagg. 240)

Membro – suo malgrado – della comunità indù dell'isola di Trinidad, Ganesh Ramsumair è estraneo e insofferente, oltre che alla cultura delle sue origini, al­l'enclave degli invasori inglesi così come ai nativi afrocaraibici e alle loro convinzioni «primitive». Vive immerso nei libri, per i quali nutre una «voluttuosa riverenza», e coltiva una vaga vocazione alla scrittura, ma nella sua goffaggine sembra incapace di sottrarsi a un’esistenza prevedibile e mediocre: dapprima viene forzato a sposare un'ado­lescente della sua etnia e poi quasi costretto a ereditare il mestiere del padre ap­pena defunto – ovvero a diventare uno dei tanti (troppi) massaggiatori del­l'isola. Gli eventi prenderanno tuttavia una piega inattesa e paradossale: protetto da due bizzarri mentori, e assistito da una buona sorte nella quale riconoscerà i segni inequivocabili della predestinazione, Ganesh continuerà a scrivere con caparbietà, e soprattutto sco­prirà di possedere poteri taumaturgici e aura carismatica, fino a trasformarsi nel primo massaggiatore pandit nella storia di Trinidad. Da quel momento la sua ascesa sarà inarrestabile: i suoi libri diventeranno best seller e il «massaggiatore mistico», al culmine di una fulminea quanto rocambolesca carriera, finirà per assurgere al rango di leader politico.

Folgorante debutto di un Naipaul appena venticinquenne, "Il massaggiatore mistico" è un romanzo di formazione e insieme un trattato etnografico carico di ironia, dove la confusa identità di Trinidad non merita mai uno sguardo benevolo. Traspare tuttavia, in filigrana, l'amore malcelato per un paese ibrido e fantastico, dove si mescolano un sole che picchia malvagio e l'ombra dei tamarindi, le miserabili capanne con il tetto di paglia e gli alberi dei panfili – e il lento succedersi di nascite, matrimoni e funerali è l'unico motivo di distrazione.

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