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martedì 28 gennaio 2014
Note a margine di una sconfitta
Nadeem Aslam, "Note a margine di una sconfitta" (Feltrinelli, pagg. 402)
"Note a margine di una sconfitta" è soprattutto la lotta fra due mali: da una parte, il fondamentalismo di ogni credo; dall’altra, l’imperialismo camuffato da democrazia. Nessun bene trionfa, alla fine. C’è solo una condanna senza appello in un panorama di crudeltà diffusa, dove l’unica vittima è il popolo afghano e tutti gli altri, dai talebani agli americani, ai signori della guerra, sono carnefici.
Le vicende di questo romanzo, ambientato tra il Pakistan e l’Afghanistan invaso dagli americani dopo l’11 settembre, si snodano sullo sfondo di un giardino incantato, come ad assorbire la violenza di ciò che accade intorno, contrapponendo l’innocenza della natura alla crudeltà degli uomini e alle loro guerre insensate. Il giardino appartiene al vecchio Rohan, saggio e devoto musulmano che ha costruito un’oasi di pace nella città pachistana di Heer – una scuola aperta ad allievi di ogni credo religioso – nel tentativo di allargare gli orizzonti di giovani altrimenti facili prede del fondamentalismo islamico nelle madrasse. Ma le speranze di Rohan di porre un freno alle violenze della guerra che infuria oltreconfine saranno tragicamente deluse: i suoi stessi figli, Jeo e Mikal – partiti in segreto per l’Afghanistan per contribuire alla liberazione del paese dalla tirannia talebana –, vengono rapiti dai fondamentalisti e costretti a partecipare alla jihad, a combattere contro il popolo che avrebbero voluto difendere. Mentre Rohan pota le rose del giardino, Jeo viene ucciso e Mikal è venduto agli americani dal signore della guerra che lo ha catturato. Dopo essere stato internato in un campo di prigionia americano, il giovane cercherà di fuggire attraverso il deserto afghano.
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