"La guerra provò a ucciderci in primavera. Quando l'erba tingeva di verde le pianure del Ninawa e il clima si faceva piú caldo, pattugliavamo le colline basse dietro città e cittadine. Superavamo le alture e ci spostavamo nell'erba alta mossi dalla fede, aprendoci sentieri con le mani come pionieri, tra la vegetazione spazzata dal vento. Mentre dormivamo, la guerra sfregava a terra le sue mille costole in preghiera. Quando arrancavamo, sfiniti, i suoi occhi erano bianchi e spalancati nel buio. Se noi mangiavamo, la guerra digiunava, nutrita dalle sue stesse privazioni. Faceva l'amore e procreava e si propagava col fuoco. Poi, in estate, la guerra provò a ucciderci mentre il calore prosciugava dei colori le pianure"
Kevin Powers, "Yellow Birds" (Einaudi, pagg. 196)
Bartle ha promesso di riportare Murphy a casa intero. Non ce l'ha fatta. Questa è la sua colpa. Il racconto straziante dell'amicizia fra due ragazzi, una storia sulla perdita dell'innocenza destinata a diventare un grande classico contemporaneo.
Partiti a diciott'anni. Talmente impreparati, talmente ingenui da credere che insieme ce l'avrebbero fatta. Bartle è devastato dal senso di colpa. Per non avere impedito che Murphy morisse. Per non essere riuscito ad attenuare la brutalità e l'orrore della guerra. Ora che è tornato a casa, vede Murphy ovunque. Insieme alle altre immagini dell'Iraq: i cadaveri che bruciano nell'aria pungente del mattino, i proiettili che si conficcano nella sabbia, le acque del fiume che ha inghiottito il loro sogno. E il tormento per la promessa che non ha saputo mantenere non gli dà pace.
"Il miglior romanzo che abbia letto sulla guerra: essenziale, incredibilmente preciso, perfetto. Probabilmente è il libro piú triste che io abbia letto negli ultimi anni. Ma triste in modo importante. Dobbiamo essere tristi, profondamente tristi, per quel che abbiamo fatto in Iraq" (Dave Eggers)
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