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Libreria Torriani di Luigi Torriani (foto di Nicola Vicini)
venerdì 12 aprile 2013
Riccardo Calimani. Storia degli ebrei italiani
Riccardo Calimani, "Storia degli ebrei italiani. Volume primo. Dalle origini al XV secolo" (Mondadori, rilegato, pagg. 642)
La storia bimillenaria delle comunità ebraiche in Italia è la straordinaria avventura, tanto tormentata quanto poco nota, di una minoranza (poche decine di migliaia di persone) che ha saputo radicarsi capillarmente in tutto il territorio del nostro paese, dalle Alpi alla Sicilia, dal Friuli alla Sardegna. E che, malgrado le umiliazioni e le vessazioni subite da parte delle autorità politiche ed ecclesiastiche locali, è riuscita a salvaguardare sempre le proprie tradizioni e la propria identità culturale senza isolarsi e rinchiudersi in se stessa, ma anzi partecipando attivamente alla vita sociale ed economica dei luoghi in cui si è insediata.
Di questa singolare vicenda, che rappresenta un caso unico nel panorama europeo, Riccardo Calimani ricostruisce qui una prima ampia parte: dalla libera alleanza degli ebrei con la Roma repubblicana e dai secoli dell'esilio, dopo la distruzione di Gerusalemme (70 e.v.) voluta dall'imperatore romano Tito, sino al rimescolamento delle varie comunità ebraiche del Vecchio Continente provocato dalla loro espulsione dalla Penisola iberica alla fine del XV secolo. Il vero punto di svolta di questo complesso itinerario è costituito dall'editto di Costantino (313), che, legittimando la cristianità, inaugura la lunga stagione dell'incontro- scontro tra giudaismo della diaspora e Chiesa di Roma. Un rapporto ambivalente che si riflette nella costante oscillazione nel trattamento da essa riservato per tutto il Medioevo (e oltre) agli ebrei, condannati come popolo maledetto per non aver riconosciuto in Cristo il messia, e nel contempo protetti in quanto testimoni della verità del Vecchio Testamento, secondo la lettura teologica agostiniana.
Nell'ambito di questo paradosso trovano spazio l'aperta discriminazione, sancita dal IV Concilio Lateranense (1215) con l'imposizione della rotella come segno distintivo, e le ricorrenti persecuzioni, di volta in volta fomentate dalle infamanti accuse di avvelenare i pozzi per seminare la pestilenza, o da quelle di praticare l'infanticidio rituale o dalla forsennata propaganda antigiudaica dei frati predicatori. Ma anche atteggiamenti di benevola tolleranza che hanno consentito agli ebrei, benché esclusi dalle corporazioni, gravati da pesanti tributi e da uno status giuridico penalizzante, di raggiungere l'eccellenza nell'arte medica e di svolgere una funzione finanziaria (il prestito su pegno) decisiva sia per l'economia locale sia per le dissestate finanze dei diversi sovrani.
In questa monumentale opera di ricomposizione delle tracce disperse della presenza ebraica in ogni città, paese e borgo d'Italia, che ha come sfondo tutti i più grandiosi e drammatici scenari (le crociate, l'Inquisizione, la nascita e il crollo degli imperi) della storia dell'Occidente, Calimani individua nella ricchezza della tradizione giudaica la forza che non solo ha preservato l'identità minacciata degli esuli, ma ha alimentato un dialogo reciprocamente fecondo con la cultura italiana ed europea.
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