Napoleon A. Chagnon, "TRIBU' PERICOLOSE. LA MIA VITA TRA GLI YANOMAMO E GLI ANTROPOLOGI" (il Saggiatore, pagg. 512)
Quello di cui Napoleon Chagnon era consapevole - il motivo che l'aveva spinto a partire - era che lo studio degli Yanomamo avrebbe rappresentato un'occasione unica, non solo per se stesso, ma per l'intera Antropologia. Puntando il dito contro gli antropologi culturali, da troppo tempo lontani dalla ricerca sul campo, Chagnon lascia la scrivania parte per il Sud America.
Tra le ultime tribù indigene viventi, gli Yanomamö non avevano mai avuto alcun contatto sostanziale con la civiltà: stanziata in una sacca del bacino del Rio delle Amazzoni, la tribù era rimasta sconosciuta al mondo esterno fino agli anni cinquanta del Novecento. Una società il cui assetto avrebbe potuto fornire un'immagine dello stato di natura, della preistoria dell'uomo. Quello che Chagnon, però, non poteva affatto immaginare era la portata rivoluzionaria delle sue scoperte e la controversia - un dibattito che avrebbe intaccato le basi stesse dell'antropologia culturale - che ne sarebbe scaturita.
Iniziata nel 1964 e proseguita per oltre trentacinque anni, la ricerca di Chagnon approda a una tesi tanto innovativa quanto scomoda: gli Yanomamo sono una "tribù pericolosa", una società votata alla violenza, la confutazione vivente del mito del buon selvaggio. Al loro interno, rivela Chagnon, l'uomo più potente è quello che uccide...
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