Adam Gopnik, "Il sogno di una vita. Lincoln e Darwin" (Guanda, pagg. 272, euro 17)
"Tutti noi siamo sassi lasciati cadere nel mare della storia": spesso è un tonfo impercettibile, soffocato dalla corrente delle grandi maree. Ogni tanto, però, la caduta di un sasso cambia il moto dell’oceano. Il 12 febbraio 1809, a poche ore di distanza, sulle sponde opposte dell’Atlantico nacquero Abraham Lincoln e Charles Darwin. Dopo la loro morte – il primo assassinato da un terrorista nel 1865, il secondo nel 1882 dopo una lunga malattia – il mondo non sarebbe più stato quello di prima.
Abraham Lincoln venne alla luce in una baita di legno fra i boschi del Kentucky, da una famiglia povera. Si risollevò grazie a un buon matrimonio e diventò un uomo di legge cavilloso ma brillante. Viene ricordato come l’uomo buono e giusto che sancì la fine della schiavitù in America, ma fu anche un comandante senza cuore, che consapevolmente mandò a morire migliaia di giovani. Charles Darwin, invece, quinto di sei figli di una famiglia agiata, fece il suo ingresso nel mondo in un’accogliente dimora nelle campagne dello Shropshire. Avrebbe potuto vivere di rendita, invece decise di trasformare in un mestiere la sua grande passione, quella di "osservare le cose". Diventò famoso già nel 1838, grazie ai ritrovamenti collezionati durante il viaggio intorno al mondo a bordo del Beagle, ma attese più di vent’anni prima di dare alle stampe il celeberrimo "L’origine delle specie".
Nel tentativo di rispondere all’eterno dilemma su quale posto spetti all’essere umano fra le scimmie, gli angeli e la storia, Adam Gopnik ricostruisce le vite paradossali e il destino incrociato dei "padri della moralità moderna", giunti entrambi, partendo da due diversi ambiti del sapere, alla stessa conclusione: in ognuno di noi "c’è senz’altro qualcosa di più del respiro del corpo", fosse anche soltanto il cappello che portiamo in testa, e la speranza che abbiamo nel cuore.
Nessun commento:
Posta un commento