Libreria Torriani di Luigi Torriani (foto di Nicola Vicini)

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martedì 27 marzo 2012

Coca Cola. Gusto unico e amare verità

Michael Blanding, "Coca Cola. Gusto unico e amare verità: i costi della leadership" (editore Egea-Università Bocconi, pagg. 350, euro 25).

Il giornalista americano Michael Blanding (Boston Magazine) firma questa dettagliata inchiesta sulla Coca Cola, sui molti scandali e sugli innumerevoli scheletri nell'armadio della multinazionale di Atlanta. Dalle oscure origini a fine '800 all'incredibile successo planetario, ottenuto con mezzi sempre più spregiudicati (l'utilizzo dei guerriglieri per minacciare e reprimere qualsiasi dissenso in Colombia, fino ad arrivare all'uccisione di sindacalisti, il prosciugamento delle riserve d'acqua e il fortissimo inquinamento causato in zone già aride di Messico e India, la devastazione senza scrupoli di intere comunità, l'utilizzo di sostanze dannose per la salute e potenzialmente cancerogene, la battaglia per i contratti di fornitura bibite in esclusiva alle scuole con gravi responsabilità nella diffusione dell'obesità infantile,...).


"Sin dagli anni ‘70 del secolo scorso, Coca-Cola si è imposta con le sue campagne pubblicitarie come la bevanda globale, capace di unire uomini di ogni razza e colore, accomunandoli nella passione per il suo gusto unico. La formula ha funzionato a meraviglia, trasformando la società che la produce in una delle più redditizie a livello planetario, e la parola stessa Coca-Cola è diventata la più conosciuta del mondo, dopo 'hello'! Ma mentre Coca-Cola si espande in tutti i mercati, cresce il numero dei cittadini che trovano il suo gusto più amaro che dolce. Questo libro è un’indagine scioccante su come Coca-Cola abbia sistematicamente attaccato salute, lavoro e ambiente. (...) Com'è potuto accadere che un'azienda che (sono parole sue) esiste per portare ovunque ristoro e benessere sia ritenuta responsabile di siccità, malattie, sfruttamento e uccisioni? Grazie a questa indagine, il dominio di mercato della Coca Cola comincia ad apparire meno come un trionfo della pubblicità e più invece come sintomo del lato oscuro della globalizzazione".

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