Il libro è un'antologia di testi inediti di Vattimo sui temi del pensiero debole e della tendenza al ritorno all'ordine e al realismo nella filosofia e più in generale nella cultura degli ultimi anni. Tra l'altro il volume comprende il corso tenuto da Vattimo all'Università di Lovanio nel 1998 su Nietzsche e Heidegger, le Gifford Lectures tenute all'Univesità di Glasgow nel 2010 su fenomenologia e dissoluzione etica della realtà, oltre a una serie di saggi su Heidegger, su Marx, sulla "fine della filosofia nell'età della democrazia", su metafisica e violenza.
VENDITA LIBRI, CD, DVD, VINILI, BLU RAY / bonus 500 euro CARTA DEL DOCENTE e 18enni 18 APP / SPEDIZIONI DI LIBRI IN TUTTA ITALIA / Libreria Torriani di Luigi Torriani. La Libreria di Canzo, la Libreria del Triangolo Lariano Canzo (COMO), via Brusa 6/8 Tel. 031670264 / Cell. 3488227468 / Mail libreria.torriani@gmail.com ORARIO: APERTO DA MARTEDÌ A SABATO DALLE 9.00 ALLE 12.30 E DALLE 15.00 ALLE 19.30 / CHIUSO DOMENICA E LUNEDÌ
Libreria Torriani di Luigi Torriani (foto di Nicola Vicini)
mercoledì 29 febbraio 2012
Gianni Vattimo. Della realtà
Gianni Vattimo, "Della realtà. Fini della filosofia" (Garzanti, pagg. 240, euro 18).
Il libro è un'antologia di testi inediti di Vattimo sui temi del pensiero debole e della tendenza al ritorno all'ordine e al realismo nella filosofia e più in generale nella cultura degli ultimi anni. Tra l'altro il volume comprende il corso tenuto da Vattimo all'Università di Lovanio nel 1998 su Nietzsche e Heidegger, le Gifford Lectures tenute all'Univesità di Glasgow nel 2010 su fenomenologia e dissoluzione etica della realtà, oltre a una serie di saggi su Heidegger, su Marx, sulla "fine della filosofia nell'età della democrazia", su metafisica e violenza.
"A Lovanio ero reduce da poco dalle lezioni bolognesi confluite poi in Oltre l'interpretazione (1994), che avevano inaugurato l'identificazione di ermeneutica e nichilismo come nocciolo del pensiero debole; a Glasgow invece l'avversario da battere mi sembrava già (e oggi più che mai) il ritorno all'ordine che nella cultura, non solo filosofica, si è fatto sentire in questi ultimi anni - effetto forse dell'11 settembre? della lotta contro il terrorismo internazionale? della crisi finanziaria che sembra si possa vincere solo con un 'nuovo realismo': pagare i debiti, lavorare di più e con salari più bassi, stringere la cinghia?".
Il libro è un'antologia di testi inediti di Vattimo sui temi del pensiero debole e della tendenza al ritorno all'ordine e al realismo nella filosofia e più in generale nella cultura degli ultimi anni. Tra l'altro il volume comprende il corso tenuto da Vattimo all'Università di Lovanio nel 1998 su Nietzsche e Heidegger, le Gifford Lectures tenute all'Univesità di Glasgow nel 2010 su fenomenologia e dissoluzione etica della realtà, oltre a una serie di saggi su Heidegger, su Marx, sulla "fine della filosofia nell'età della democrazia", su metafisica e violenza.
martedì 28 febbraio 2012
Che cos'è la semiotica? Una guida per immagini
"Che cos'è la semiotica? Una guida per immagini" di Sean Hall (Einaudi, pagg. 306, euro 25).
La "semiotica interpretativa" di Umberto Eco, la semiotica di Peirce, la semiotica di de Saussure, la "semiotica del cinema", la "semiotica della letteratura", la "semiotica dell'arte",... Chiunque ha sentito qualche volta una di queste espressioni. Ma che cosa significa "semiotica"? La semiotica è la disciplina che studia i segni. Sì, ma in che senso? Sean Hall (Università di Londra) spiega che cos'è la semiotica non in astratto ma attraverso 76 immagini (quadri, simboli, fotografie, immagini pubblicitarie, schemi, disegni, frasi), ognuna delle quali è accompagnata da una breve analisi semiotica, cioè - in concreto - da un tentativo di decodificare e interpretare il significato e il messaggio dell'immagine, una spiegazione dei significati dei segni e dei simboli che compaiono nell'immagine. Ogni spiegazione è preceduta da una domanda che accompagna l'immagine. Il lettore è quindi invitato a cercare di spiegare autonomamente i significati dell'immagine, prima di voltare pagina e vedere la soluzione proposta da Sean Hall.
La "semiotica interpretativa" di Umberto Eco, la semiotica di Peirce, la semiotica di de Saussure, la "semiotica del cinema", la "semiotica della letteratura", la "semiotica dell'arte",... Chiunque ha sentito qualche volta una di queste espressioni. Ma che cosa significa "semiotica"? La semiotica è la disciplina che studia i segni. Sì, ma in che senso? Sean Hall (Università di Londra) spiega che cos'è la semiotica non in astratto ma attraverso 76 immagini (quadri, simboli, fotografie, immagini pubblicitarie, schemi, disegni, frasi), ognuna delle quali è accompagnata da una breve analisi semiotica, cioè - in concreto - da un tentativo di decodificare e interpretare il significato e il messaggio dell'immagine, una spiegazione dei significati dei segni e dei simboli che compaiono nell'immagine. Ogni spiegazione è preceduta da una domanda che accompagna l'immagine. Il lettore è quindi invitato a cercare di spiegare autonomamente i significati dell'immagine, prima di voltare pagina e vedere la soluzione proposta da Sean Hall.
sabato 25 febbraio 2012
G.
John Berger, "G." (Neri Pozza, pagg. 416, euro 18).
Edito negli anni '90 da Il Saggiatore, da tempo fuori catalogo, viene ora riproposto in una nuova traduzione italiana questo romanzo degli anni Settanta dello scrittore inglese John Berger. Il romanzo vinse nel 1972 sia il Booker Prize (premio per il miglior romanzo scritto in inglese dell'anno) sia il James Tait Black memorial Prize (premio per la narrativa).
"Figlio di un ricco commerciante livornese e della sua giovane amante nordamericana, G. - il protagonista del romanzo - viene concepito nel 1886, quattro anni dopo la morte di Garibaldi (...) . Il suo apprendistato alla vita si svolge nella campagna inglese, affidato alle cure dei cugini materni Beatrice e Jocelyn, superstiti di una famiglia aristocratica decaduta e di una classe sociale in estinzione. Allontanato dalla madre e dal padre, condannato fin dall’origine al destino di chi non ha patria né appartenenza, G. incarna fino in fondo l’individuo contemporaneo in bilico tra libertà e solitudine, invenzione di sé e autodistruzione.
Lo troveremo, raffinato involontario europeo ante litteram, nelle principali città degli stati-nazione degli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento: Parigi, Milano, Londra, Trieste. Cosmopolita, poliglotta, innamorato di altrove, costeggerà con l’interesse freddo dell’osservatore distante i grandi rivolgimenti storici, politici, sociali, tecnologici della sua epoca, spingendo il suo sprezzo per la vita 'come ci è data' fino a morirne. (...) G. come Garibaldi. G. come Don Giovanni".
Edito negli anni '90 da Il Saggiatore, da tempo fuori catalogo, viene ora riproposto in una nuova traduzione italiana questo romanzo degli anni Settanta dello scrittore inglese John Berger. Il romanzo vinse nel 1972 sia il Booker Prize (premio per il miglior romanzo scritto in inglese dell'anno) sia il James Tait Black memorial Prize (premio per la narrativa).
"Figlio di un ricco commerciante livornese e della sua giovane amante nordamericana, G. - il protagonista del romanzo - viene concepito nel 1886, quattro anni dopo la morte di Garibaldi (...) . Il suo apprendistato alla vita si svolge nella campagna inglese, affidato alle cure dei cugini materni Beatrice e Jocelyn, superstiti di una famiglia aristocratica decaduta e di una classe sociale in estinzione. Allontanato dalla madre e dal padre, condannato fin dall’origine al destino di chi non ha patria né appartenenza, G. incarna fino in fondo l’individuo contemporaneo in bilico tra libertà e solitudine, invenzione di sé e autodistruzione.
Lo troveremo, raffinato involontario europeo ante litteram, nelle principali città degli stati-nazione degli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento: Parigi, Milano, Londra, Trieste. Cosmopolita, poliglotta, innamorato di altrove, costeggerà con l’interesse freddo dell’osservatore distante i grandi rivolgimenti storici, politici, sociali, tecnologici della sua epoca, spingendo il suo sprezzo per la vita 'come ci è data' fino a morirne. (...) G. come Garibaldi. G. come Don Giovanni".
venerdì 24 febbraio 2012
Enrico Lucca. La scrittura in esilio
"La scrittura in esilio" di Enrico Lucca (Led, pagg. 160, euro 21,50).
L'amico Enrico Lucca (Como 1983, dottorato in Filosofia all'Università degli Studi di Milano, attualmente all'Università di Gerualemme), brillante studioso del pensiero ebraico novecentesco, firma questa monografia sulla figura di Edmond Jabès (1912-1991), poeta ebreo-egiziano in esilio a Parigi, "figura assai singolare nel panorama della letteratura novecentesca". L'analisi delle opere di Jabès offre lo spunto per una più generale riflessione su alcuni snodi culturali fondamentali dell'ebraismo novecentesco. Figure dell'esilio (L'esilio prima dell'esilio. La Francia vista dall'Egitto / Ebraismo, scrittura, alterità. A confronto con Lévinas e Blanchot); L'ossessione del Libro (Illeggibilità e inclassificabilità / Citazioni, scrittura interrogante e poetica del frammento / Scrittore e lettore davanti al libro); Un'ermeneutica 'in hebraicis' (La tradizione ebraica. Lettura infinita e molteplice apertura del senso / Le tavole spezzate. In principio era la ferita).
"Il deserto assurge così a metafora del vuoto, di quell'abisso che spalanca lo spazio possibile di ogni significato. Il silenzio e la solitudine dei luoghi desertici, riecheggiati anche nei frequenti spazi bianchi e nel grande respiro della pagina, rappresentano l'esatto parallelo dell'importanza attribuita da Jabès alla parola poetica. (...) Simili ad un messaggio in bottiglia lanciato nell'Oceano a rischio di smarrirsi per sempre tra i flutti, la scrittura e la poesia si affidano ad un possibile quanto ignoto lettore venturo, affinché la loro fatica non possa dirsi perduta".
L'amico Enrico Lucca (Como 1983, dottorato in Filosofia all'Università degli Studi di Milano, attualmente all'Università di Gerualemme), brillante studioso del pensiero ebraico novecentesco, firma questa monografia sulla figura di Edmond Jabès (1912-1991), poeta ebreo-egiziano in esilio a Parigi, "figura assai singolare nel panorama della letteratura novecentesca". L'analisi delle opere di Jabès offre lo spunto per una più generale riflessione su alcuni snodi culturali fondamentali dell'ebraismo novecentesco. Figure dell'esilio (L'esilio prima dell'esilio. La Francia vista dall'Egitto / Ebraismo, scrittura, alterità. A confronto con Lévinas e Blanchot); L'ossessione del Libro (Illeggibilità e inclassificabilità / Citazioni, scrittura interrogante e poetica del frammento / Scrittore e lettore davanti al libro); Un'ermeneutica 'in hebraicis' (La tradizione ebraica. Lettura infinita e molteplice apertura del senso / Le tavole spezzate. In principio era la ferita).
"Il deserto assurge così a metafora del vuoto, di quell'abisso che spalanca lo spazio possibile di ogni significato. Il silenzio e la solitudine dei luoghi desertici, riecheggiati anche nei frequenti spazi bianchi e nel grande respiro della pagina, rappresentano l'esatto parallelo dell'importanza attribuita da Jabès alla parola poetica. (...) Simili ad un messaggio in bottiglia lanciato nell'Oceano a rischio di smarrirsi per sempre tra i flutti, la scrittura e la poesia si affidano ad un possibile quanto ignoto lettore venturo, affinché la loro fatica non possa dirsi perduta".
L'alfabeto ebraico
"Alfabeto ebraico. Stili, varianti e adattamenti calligrafici" di Gabriele Mandel Khan (Mondadori Electa, pagg. 146, immagini, euro 24).
Electa ripropone questo testo di Gabriele Mandel (1924-2010), uscito per la prima volta nel 2000, sull'alfabeto ebraico. Di ognuna delle lettere vengono raccontate la storia, le caratteristiche grafiche e fonetiche, l'esatta traslitterazione e i significati simbolici nella tradizione esoterica ebraica. La seconda parte riproduce manoscritti e libri a stampa ebraici di ogni epoca e analizza le evoluzioni e le differenze estetiche e stilistiche delle lettere ebraiche nelle diverse epoche e nei diversi contesti.
"Conoscere l'alfabeto ci permette di scrivere, ma conoscere i valori segreti delle lettere ci permette di possedere la 'Conoscenza dei Misteri'. L'alfabeto ebraico ha, per la speculazione qabbalistica, un valore eminente: esso non è solamente il veicolo di transito di ogni pensiero, ma (...) è il pilastro portante sul quale è stato creato l'intero universo. (...) Lo Zòhar (Libro dello splendore) narra che, quando ancora tutto era caos, ogni lettera si presentò a Dio chiedendogli di essere usata per realizzare la Creazione. L'alfabeto ebraico non va quindi visto come una semplice sequenza di segni atti a trascrivere parole e frasi. Addentrandosi nella tradizione esoterica, si scopre che a ogni lettera è stato attribuito un fondamento della conoscenza religiosa stessa, e questa si basa sulle lettere quali ricettacoli della potenza divina".
Electa ripropone questo testo di Gabriele Mandel (1924-2010), uscito per la prima volta nel 2000, sull'alfabeto ebraico. Di ognuna delle lettere vengono raccontate la storia, le caratteristiche grafiche e fonetiche, l'esatta traslitterazione e i significati simbolici nella tradizione esoterica ebraica. La seconda parte riproduce manoscritti e libri a stampa ebraici di ogni epoca e analizza le evoluzioni e le differenze estetiche e stilistiche delle lettere ebraiche nelle diverse epoche e nei diversi contesti.
"Conoscere l'alfabeto ci permette di scrivere, ma conoscere i valori segreti delle lettere ci permette di possedere la 'Conoscenza dei Misteri'. L'alfabeto ebraico ha, per la speculazione qabbalistica, un valore eminente: esso non è solamente il veicolo di transito di ogni pensiero, ma (...) è il pilastro portante sul quale è stato creato l'intero universo. (...) Lo Zòhar (Libro dello splendore) narra che, quando ancora tutto era caos, ogni lettera si presentò a Dio chiedendogli di essere usata per realizzare la Creazione. L'alfabeto ebraico non va quindi visto come una semplice sequenza di segni atti a trascrivere parole e frasi. Addentrandosi nella tradizione esoterica, si scopre che a ogni lettera è stato attribuito un fondamento della conoscenza religiosa stessa, e questa si basa sulle lettere quali ricettacoli della potenza divina".
giovedì 23 febbraio 2012
Farsi italiani. La costruzione dell'idea di nazione nell'Italia repubblicana
"Farsi italiani. La costruzione dell'idea di nazione nell'Italia repubblicana" (Feltrinelli, pagg. 276, rilegato, euro 30).
Il volume 2012 (anno XLV) degli Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Tema di quest'anno è l'idea di nazione nei dibattiti culturali italiani dal secondo dopoguerra ad oggi, con un confronto sull'argomento tra studiosi di diverse discipline, storici, storici della letteratura, storici del teatro, della lingua, della musica, dell'arte, della religione.
La prima parte del libro è dedicata alle letture e alle interpretazioni del Risorgimento e del processo di unificazione che sono state date negli ultimi decenni dalle più importanti correnti politiche, culturali e storiografiche del nostro Paese. Saggi di Stuart Woolf ("Uso e abuso del Risorgimento nell'Italia repubblicana"), Marina Formica ("Repubblicanesimi: il triennio 1796-1799 e il secondo dopoguerra"); Guido Salvetti ("Il dibattito musciale tra 'rivendicazione' e contesto internazionale"); Alberto Melloni ("Cristiani d'Italia. Origini e problemi di una tematizzazione storica"); Luca Polese Remaggi ("Nazione, governo rappresentativo e partecipazione politica"); Giuseppe Vacca, "Gramsci interprete del Risorgimento: una presenza controversa (1949-1967)".
La seconda parte del libro tratta delle immagini identitarie e delle narrazioni che hanno contribuito al "farsi italiani" e hanno creato le "lenti" con le quali in Italia e all'estero si guarda alla nostra storia. Saggi di Gianluca Fiocco ("Le celebrazioni del 1961"), Tommaso Baris ("Identità italiana, paradigma antifascista e crisi dello Stato nazionale tra Prima e Seconda repubblica"), Maurizio Ridolfi ("I luoghi della memoria risorgimentale nel secondo dopoguerra"), Giancarlo Schirru ("Stato unitario e lingua nazionale"), Claudio Strinati ("Le grandi mostre", Adolfo Scotto Di Luzio ("L'immagine della scuola liberale nell'Italia repubblicana"), Rino Caputo ("Una rumorosa romantica commedia? Squarci di risorgimenti auspicati e delusi della letteratura italiana del Novecento"), Andrea Tarabbia ("Dall'Italia unita al mondo. Le traduzioni dei romanzi italiani sul Risorgimento"), Sandro Cappelletto ("Che Verdi canti"), Enrico Menduini ("Televisione all'americana: fare e disfare gli italiani"), Gianni Borgna ("Le canzoni che fecero l'Italia").
Il volume 2012 (anno XLV) degli Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Tema di quest'anno è l'idea di nazione nei dibattiti culturali italiani dal secondo dopoguerra ad oggi, con un confronto sull'argomento tra studiosi di diverse discipline, storici, storici della letteratura, storici del teatro, della lingua, della musica, dell'arte, della religione.
La prima parte del libro è dedicata alle letture e alle interpretazioni del Risorgimento e del processo di unificazione che sono state date negli ultimi decenni dalle più importanti correnti politiche, culturali e storiografiche del nostro Paese. Saggi di Stuart Woolf ("Uso e abuso del Risorgimento nell'Italia repubblicana"), Marina Formica ("Repubblicanesimi: il triennio 1796-1799 e il secondo dopoguerra"); Guido Salvetti ("Il dibattito musciale tra 'rivendicazione' e contesto internazionale"); Alberto Melloni ("Cristiani d'Italia. Origini e problemi di una tematizzazione storica"); Luca Polese Remaggi ("Nazione, governo rappresentativo e partecipazione politica"); Giuseppe Vacca, "Gramsci interprete del Risorgimento: una presenza controversa (1949-1967)".
La seconda parte del libro tratta delle immagini identitarie e delle narrazioni che hanno contribuito al "farsi italiani" e hanno creato le "lenti" con le quali in Italia e all'estero si guarda alla nostra storia. Saggi di Gianluca Fiocco ("Le celebrazioni del 1961"), Tommaso Baris ("Identità italiana, paradigma antifascista e crisi dello Stato nazionale tra Prima e Seconda repubblica"), Maurizio Ridolfi ("I luoghi della memoria risorgimentale nel secondo dopoguerra"), Giancarlo Schirru ("Stato unitario e lingua nazionale"), Claudio Strinati ("Le grandi mostre", Adolfo Scotto Di Luzio ("L'immagine della scuola liberale nell'Italia repubblicana"), Rino Caputo ("Una rumorosa romantica commedia? Squarci di risorgimenti auspicati e delusi della letteratura italiana del Novecento"), Andrea Tarabbia ("Dall'Italia unita al mondo. Le traduzioni dei romanzi italiani sul Risorgimento"), Sandro Cappelletto ("Che Verdi canti"), Enrico Menduini ("Televisione all'americana: fare e disfare gli italiani"), Gianni Borgna ("Le canzoni che fecero l'Italia").
Padre Amorth, l'ultimo esorcista
"L'ultimo esorcista. La mia battaglia contro Satana" di Gabriele Amorth e Paolo Rodari (Piemme, pagg. 270, euro 16,50).
Padre Gabriele Amorth (Modena, 1925), partigiano della Brigata Italia e medaglia al valor militare, laureato in giurisprudenza, sacerdote della congregazione dei Paolini, e soprattutto il più importante esorcista della Chiesa cattolica, esorcista con oltre 160.000 esorcismi praticati, fondatore e presidente onorario dell'Associazione Internazionale degli Esorcisti, oggi ottantaseienne, racconta in questo libro la sua storia e dà la sua interpretazione su alcuni celebri casi di cronaca nera (dalla scomparsa di Emanuela Orlandi al delitto di Novi Ligure alla presenza, più in generale, di Satana nella nostra società e anche in Vaticano). Forte l'accento polemico contro un'ampia fetta dei vertici della Chiesa cattolica, accusati da Padre Amorth di non credere più all'esistenza del demonio.
"Molti vescovi non credono più al demonio e non nominano più esorcisti nelle loro diocesi. Siamo rimasti pochi e ognuno di noi, nella sua battaglia quotidiana, si sente come se fosse l'ultimo esorcista chiamato a combattere il grande nemico. (...) La Chiesa (...) fa poco per formare nuove leve di esorcisti. Poco fanno i vescovi. E' questo il mio cruccio ed è per questo motivo che ho accettato che il libro uscisse con questo titolo".
Padre Gabriele Amorth (Modena, 1925), partigiano della Brigata Italia e medaglia al valor militare, laureato in giurisprudenza, sacerdote della congregazione dei Paolini, e soprattutto il più importante esorcista della Chiesa cattolica, esorcista con oltre 160.000 esorcismi praticati, fondatore e presidente onorario dell'Associazione Internazionale degli Esorcisti, oggi ottantaseienne, racconta in questo libro la sua storia e dà la sua interpretazione su alcuni celebri casi di cronaca nera (dalla scomparsa di Emanuela Orlandi al delitto di Novi Ligure alla presenza, più in generale, di Satana nella nostra società e anche in Vaticano). Forte l'accento polemico contro un'ampia fetta dei vertici della Chiesa cattolica, accusati da Padre Amorth di non credere più all'esistenza del demonio.
"Molti vescovi non credono più al demonio e non nominano più esorcisti nelle loro diocesi. Siamo rimasti pochi e ognuno di noi, nella sua battaglia quotidiana, si sente come se fosse l'ultimo esorcista chiamato a combattere il grande nemico. (...) La Chiesa (...) fa poco per formare nuove leve di esorcisti. Poco fanno i vescovi. E' questo il mio cruccio ed è per questo motivo che ho accettato che il libro uscisse con questo titolo".
Voglia di vincere. Perché i videogiochi sono importanti
"Voglia di vincere. Perché i videogiochi sono importanti" di Tom Bissell (editore Isbn, pagg. 240, euro 19,90).
Lo scrittore americano Tom Bissell (1974), professore di scrittura creativa alla Portland State University, già autore di "Dio vive a San Pietroburgo" (uscito in Italia per Einaudi), racconta in questo nuovo libro la sua "dipendenza" dai videogiochi, che ha progressivamente sostituito - per fortuna - la sua dipendenza dalla cocaina.
"Giocare ai videogiochi può creare dipendenza. Un’adorabile, frustrante dipendenza. Questo perché ormai non sono più 'solo giochi', ma opere artistiche di altissimo livello, oggetti d’intrattenimento a tutto tondo, esperienze sensoriali ed estetiche totalizzanti. (...) Un giorno i miei figli mi chiederanno dov'ero e cosa stavo facendo quando gli Stati Uniti hanno eletto il loro primo presidente nero. Potrei dire ai miei bambini che in quel momento ero a casa e che, come centinaia di milioni di altri americani, stavo guardando la elevisione. (...) Ma sarebbe una risposta imprecisa. (...) Quando ho inserito il gioco nel lettore della mia Xbox 360, in America mancavano due ore alla chiusura dei primi seggi. Un'ora di Fallout 3, mi sono detto. Forse due. Assolutamente non più di tre. Sette ore dopo, stordito e con gli occhi gonfi, ha spento la Xbox 360 e mi sono sintonizzato sulla CNN, per scoprire che era già terminato il discorso di accettazione. (...) Nel momento in cui l'America è cambiata per sempre, vostro padre vagava per una terra desolata, straziata da missili balistici intercontinentali, tenendo nervosamente d'occhio il suo livello di radiazioni, armato solo di una mazza da baseball, una pistola calibro 10 e sei pallottole, a caccia di una feroce gang di predoni con la cresta".
Lo scrittore americano Tom Bissell (1974), professore di scrittura creativa alla Portland State University, già autore di "Dio vive a San Pietroburgo" (uscito in Italia per Einaudi), racconta in questo nuovo libro la sua "dipendenza" dai videogiochi, che ha progressivamente sostituito - per fortuna - la sua dipendenza dalla cocaina.
mercoledì 22 febbraio 2012
La promessa della notte. Conversazioni con i poeti italiani
"La promessa della notte. Conversazioni con i poeti italiani" di Renato Minore (editore Donzelli, pagg. 228, euro 25).
Raccolte in antologie le interviste realizzate in diversi anni da Renato Minore (critico letterario, collaboratore del "Messaggero") ai maggiori poeti italiani degli ultimi decenni. Ventun poeti interrogati sulla letteratura, sulla loro opera poetica, ma anche sulla loro vita, sui loro amori, sulle loro idee: Attilio Bertolucci, Carlo Betocchi, Ignazio Buttitta, Giorgio Caproni, Carolus L. Cergoly, Franco Fortini, Giovanni Giudici, Alfredo Giuliani, Tonino Guerra, Franco Loi, Mario Luzi, Alda Merini, Elio Pagliarani, Albino Pierro, Antonio Porta, Giovanni Raboni, Amelia Rosselli, Roberto Roversi, Edoardo Sanguineti, Maria Luisa Spaziani, Andrea Zanzotto.
"La poesia si trova a essere investita di un ruolo fondamentale in questa melma di disvalori, che è quello di ricreare le connessioni vitali tra passato e futuro. La poesia riesce a conservare 'quanto resta' del senso dell'uomo nel momento in cui quel senso dichiara l'irrecuperabile perdita. La poesia è 'memoria' nel senso più alto del termine, (...) ma non può dare che dei lampi di 'consolazione'. (...) La poesia continua (per ora!) a dare il suo bip-bip che poco presume ma si sente non tacitabile. E chissà che non vi sia chi lo coglie".
(Andrea Zanzotto)
Raccolte in antologie le interviste realizzate in diversi anni da Renato Minore (critico letterario, collaboratore del "Messaggero") ai maggiori poeti italiani degli ultimi decenni. Ventun poeti interrogati sulla letteratura, sulla loro opera poetica, ma anche sulla loro vita, sui loro amori, sulle loro idee: Attilio Bertolucci, Carlo Betocchi, Ignazio Buttitta, Giorgio Caproni, Carolus L. Cergoly, Franco Fortini, Giovanni Giudici, Alfredo Giuliani, Tonino Guerra, Franco Loi, Mario Luzi, Alda Merini, Elio Pagliarani, Albino Pierro, Antonio Porta, Giovanni Raboni, Amelia Rosselli, Roberto Roversi, Edoardo Sanguineti, Maria Luisa Spaziani, Andrea Zanzotto.
"La poesia si trova a essere investita di un ruolo fondamentale in questa melma di disvalori, che è quello di ricreare le connessioni vitali tra passato e futuro. La poesia riesce a conservare 'quanto resta' del senso dell'uomo nel momento in cui quel senso dichiara l'irrecuperabile perdita. La poesia è 'memoria' nel senso più alto del termine, (...) ma non può dare che dei lampi di 'consolazione'. (...) La poesia continua (per ora!) a dare il suo bip-bip che poco presume ma si sente non tacitabile. E chissà che non vi sia chi lo coglie".
(Andrea Zanzotto)
Il velo nell'Islam
"Il velo nell'Islam. Storia, politica, estetica" di Renata Pepicelli (Carocci, pagg. 160, euro 14).
Renata Pepicelli (Università di Bologna) introduce alla questione dell'uso del velo da parte delle donne islamiche. I diveri tipi di velo (hijab, niqab, burqa, chador, ...), le origini storiche e scritturali (Corano) dell'uso del velo, le polemiche e gli scontri sul velo nei Paesi occidentali e all'interno dell'Islam, le proposte di legge contro il velo integrale, la concezione della donna e della bellezza nell'Islam, le correnti femministe all'interno dell'Islam, ...
INDICE
Introduzione. La questione del velo
Tra Oriente e Occidente: dopo l'11 settembre
Una pluralità di veli
Musulmane non velate
I. Il velo e il Corano
I riferimenti al velo nel Corano
Hijab: la separazione tra dentro/fuori, pubblico/privato
Il versetto della discesa dell'hijab
Le mogli del Profeta
Cenni storici sull'uso del velo fuori dal mondo islamico
II. Veli coloniali. Nord Africa e Medio Oriente tra XVIII e XX secolo
Fantasie coloniali
Gli harem
Il Novecento, il secolo dello svelamento
Il velo anticoloniale delle algerine
III. La rivoluzione velata
Le islamiste: dagli anni settanta a d oggi
Dal Cairo a New York: un velo, tanti significati
XXI secolo: il ritorno delle religioni
Discorsi contro
Discorsi a favore
La prospettiva femminista islamica
IV. Veli postcoloniali. L'Europa del XXI secolo
Islam d'Europa
L'affaire du voile. Il caso francese
La guerra dei simboli
Il caso italiano
L'Italia e la proposta di legge contro il velo integrale
Cosa c'è sotto il niqab?
V: L'estetica del corpo tra sacro e moda
La politica del corpo e la funzione dell'abito
La bellezza nell'Islam
Moda islamica
Veli e islamic fashion
Il mercato online: dagli abiti casual a quelli sportivi
Make-up e prodotti halal
A mò di conclusione
Note / Bibliografia / Indice dei nomi
Renata Pepicelli (Università di Bologna) introduce alla questione dell'uso del velo da parte delle donne islamiche. I diveri tipi di velo (hijab, niqab, burqa, chador, ...), le origini storiche e scritturali (Corano) dell'uso del velo, le polemiche e gli scontri sul velo nei Paesi occidentali e all'interno dell'Islam, le proposte di legge contro il velo integrale, la concezione della donna e della bellezza nell'Islam, le correnti femministe all'interno dell'Islam, ...
INDICE
Introduzione. La questione del velo
Tra Oriente e Occidente: dopo l'11 settembre
Una pluralità di veli
Musulmane non velate
I. Il velo e il Corano
I riferimenti al velo nel Corano
Hijab: la separazione tra dentro/fuori, pubblico/privato
Il versetto della discesa dell'hijab
Le mogli del Profeta
Cenni storici sull'uso del velo fuori dal mondo islamico
II. Veli coloniali. Nord Africa e Medio Oriente tra XVIII e XX secolo
Fantasie coloniali
Gli harem
Il Novecento, il secolo dello svelamento
Il velo anticoloniale delle algerine
III. La rivoluzione velata
Le islamiste: dagli anni settanta a d oggi
Dal Cairo a New York: un velo, tanti significati
XXI secolo: il ritorno delle religioni
Discorsi contro
Discorsi a favore
La prospettiva femminista islamica
IV. Veli postcoloniali. L'Europa del XXI secolo
Islam d'Europa
L'affaire du voile. Il caso francese
La guerra dei simboli
Il caso italiano
L'Italia e la proposta di legge contro il velo integrale
Cosa c'è sotto il niqab?
V: L'estetica del corpo tra sacro e moda
La politica del corpo e la funzione dell'abito
La bellezza nell'Islam
Moda islamica
Veli e islamic fashion
Il mercato online: dagli abiti casual a quelli sportivi
Make-up e prodotti halal
A mò di conclusione
Note / Bibliografia / Indice dei nomi
martedì 21 febbraio 2012
Piccolo mondo vaticano. La vita quotidiana nella città del papa
"Piccolo mondo vaticano. La vita quotidiana nella città del papa" di Aldo Maria Valli (editore Laterza, pagg. 212, euro 16).
Il vaticanista Aldo Maria Valli ci accompagna in un viaggio nella Città del Vaticano, tra aneddoti, curiosità e informazioni minute spesso decisamente poco note. Il garage del papa, l'appartamento pontificio, la mensa e la cucina, la farmacia vaticana, il supermercato, la fattoria di Castel Gandolfo, le ricerche sugli extraterrestri degli astronomi dell'Osservatorio vaticano, gli "urtisti" (sono gli ambulanti che vendono rosari e ricordi per turisti davanti a piazza San Pietro), stemmi, simboli, giustizia e amministrazione della Città del Vaticano, la Rota, la Segnatura, la Penitenzieria e gli altri uffici e Consigli della Curia, la sala stampa, la radio, il giornale, il web, la filmoteca, le poste, la stazione. Chiude il libro "Un giorno con Benedetto", ricostruzione della giornata tipo del papa.
"All'ingresso di porta Sant'Anna, subito dopo il controllo della gendarmeria, sulla destra, cè un bancomat dello Ior. Si trova in una nicchia ricavata nel muro e, apparentemente, è come tutti i bancomat di questo mondo. Se però vi avvicinate (e siete in compagnia di chi dispone dell'apposita tessera) scoprite che ha una particolarità. Le istruzioni (...) sono fornite anche nella lingua dei padri. «Carus expectatusque venisti» dice la videata introduttiva: in pratica, «benvenuto». Dopo di che, ecco l'indicazione operativa: «Inserito scidulam quaeso ut faciundam cognoscas rationem», che sarebbe come dire «inserisci per favore la scheda, per accedere alle operazioni consentite». I latinisti hanno un po' arricciato il naso, perché secondo loro l'adattamento è stato un po troppo disinvolto, ma bisogna ammettere che non è facile tradurre in una lingua antica concetti moderni.E una volta inserita la scidula che succede? Quattro le opzioni: «deductio ex pecunia» (prelievo), «rationum aexequatio» (saldo), «negotium argentarium» (movimenti) e «retrahe scidulam deposita» (ritirare la tessera). L'unico problema è che se scegliete la prima opzione dopo pochi secondi il bancomat sputerà fuori comunissimi euro e non preziose monete romane doro e d'argento...".
Il vaticanista Aldo Maria Valli ci accompagna in un viaggio nella Città del Vaticano, tra aneddoti, curiosità e informazioni minute spesso decisamente poco note. Il garage del papa, l'appartamento pontificio, la mensa e la cucina, la farmacia vaticana, il supermercato, la fattoria di Castel Gandolfo, le ricerche sugli extraterrestri degli astronomi dell'Osservatorio vaticano, gli "urtisti" (sono gli ambulanti che vendono rosari e ricordi per turisti davanti a piazza San Pietro), stemmi, simboli, giustizia e amministrazione della Città del Vaticano, la Rota, la Segnatura, la Penitenzieria e gli altri uffici e Consigli della Curia, la sala stampa, la radio, il giornale, il web, la filmoteca, le poste, la stazione. Chiude il libro "Un giorno con Benedetto", ricostruzione della giornata tipo del papa.
"All'ingresso di porta Sant'Anna, subito dopo il controllo della gendarmeria, sulla destra, cè un bancomat dello Ior. Si trova in una nicchia ricavata nel muro e, apparentemente, è come tutti i bancomat di questo mondo. Se però vi avvicinate (e siete in compagnia di chi dispone dell'apposita tessera) scoprite che ha una particolarità. Le istruzioni (...) sono fornite anche nella lingua dei padri. «Carus expectatusque venisti» dice la videata introduttiva: in pratica, «benvenuto». Dopo di che, ecco l'indicazione operativa: «Inserito scidulam quaeso ut faciundam cognoscas rationem», che sarebbe come dire «inserisci per favore la scheda, per accedere alle operazioni consentite». I latinisti hanno un po' arricciato il naso, perché secondo loro l'adattamento è stato un po troppo disinvolto, ma bisogna ammettere che non è facile tradurre in una lingua antica concetti moderni.E una volta inserita la scidula che succede? Quattro le opzioni: «deductio ex pecunia» (prelievo), «rationum aexequatio» (saldo), «negotium argentarium» (movimenti) e «retrahe scidulam deposita» (ritirare la tessera). L'unico problema è che se scegliete la prima opzione dopo pochi secondi il bancomat sputerà fuori comunissimi euro e non preziose monete romane doro e d'argento...".
Vita e morte di un ingegnere
"Vita e morte di un ingegnere" di Edoardo Albinati (Mondadori, pagg. 150, rilegato, euro 18).
Bellissimo e commovente ricordo della vita e soprattutto della morte di un uomo, il padre di Albinati. I nove mesi di malattia, il cinismo dei medici, i silenzi, tutto il non detto di una vita che torna a galla, l'incapacità di chi ha trascorso l'esistenza sul lavoro e per il lavoro di soffrire e morire abbandonandosi alla pietà e alle lacrime degli altri, togliendosi almeno per una volta, almeno alla fine, la maschera granitica del gran lavoratore, uomo d'affari e ingegnere.
"Non l'ho mai sentito lamentarsi per un lavoro gravoso, per una giornata pesante. Se penso che a me basta un paio d'ore di un qualsiasi impegno per prosciugare le mie forze, mi viene da chiedermi attraverso quali fessure e per quali rivoli si sia dispersa, trasmettendosi di padre in figlio, quella preziosa energia (...) mentre mio padre schiacciando una dopo l'altra un incredibile numero di sigarette del monopolio in fondo ai posacere del suo ufficio e della sua automobile, macinava il tempo del lavoro con vorace determinazione, mitragliava sopralluoghi, appuntamenti, incontri e scontri, e laddove il lavoro sembrava esaurirsi, lui se ne creava dell'altro inventandosi difficoltà, improvvisi inceppi nell'andamento dei suoi affari, guai simulati e problemi virtuali, tanto per aver del materiale da gettare nella caldaia del suo inarrestabile motore"
"(...) Sai, pensavamo che alla fine si sarebbe tolto quella maschera, ce lo aspettavamo, cambierà, non può conservare questo atteggiamento di autocontrollo sino alla fine, lo aspettavamo tutti e per prima mia madre, invece quella maschera se l'è premuta sul volto sino alla fine, fino all'ultimo istante, nessuno ha potuto strappargliela, è morto con la maschera".
Bellissimo e commovente ricordo della vita e soprattutto della morte di un uomo, il padre di Albinati. I nove mesi di malattia, il cinismo dei medici, i silenzi, tutto il non detto di una vita che torna a galla, l'incapacità di chi ha trascorso l'esistenza sul lavoro e per il lavoro di soffrire e morire abbandonandosi alla pietà e alle lacrime degli altri, togliendosi almeno per una volta, almeno alla fine, la maschera granitica del gran lavoratore, uomo d'affari e ingegnere.
"Non l'ho mai sentito lamentarsi per un lavoro gravoso, per una giornata pesante. Se penso che a me basta un paio d'ore di un qualsiasi impegno per prosciugare le mie forze, mi viene da chiedermi attraverso quali fessure e per quali rivoli si sia dispersa, trasmettendosi di padre in figlio, quella preziosa energia (...) mentre mio padre schiacciando una dopo l'altra un incredibile numero di sigarette del monopolio in fondo ai posacere del suo ufficio e della sua automobile, macinava il tempo del lavoro con vorace determinazione, mitragliava sopralluoghi, appuntamenti, incontri e scontri, e laddove il lavoro sembrava esaurirsi, lui se ne creava dell'altro inventandosi difficoltà, improvvisi inceppi nell'andamento dei suoi affari, guai simulati e problemi virtuali, tanto per aver del materiale da gettare nella caldaia del suo inarrestabile motore"
"(...) Sai, pensavamo che alla fine si sarebbe tolto quella maschera, ce lo aspettavamo, cambierà, non può conservare questo atteggiamento di autocontrollo sino alla fine, lo aspettavamo tutti e per prima mia madre, invece quella maschera se l'è premuta sul volto sino alla fine, fino all'ultimo istante, nessuno ha potuto strappargliela, è morto con la maschera".
sabato 18 febbraio 2012
Romanzieri ingenui e sentimentali
"Romanzieri ingenui e sentimentali" di Orhan Pamuk (Einaudi, rilegato, pagg. 152, euro 18).
Nell’autunno del 2008, due anni dopo il Nobel per la Letteratura, lo scrittore turco Orhan Pamuk viene invitato dall’Università di Harvard a tenere le Norton Lectures (cioè il ciclo di sei conferenze che l'Università di Harvard affida ogni anno, su tema liberamente scelto, alle più importanti personalità internazionali del mondo letterario, musicale e artistico; tra gli italiani l'onore è toccato a Calvino - "Lezioni americane", a Umberto Eco e a Luciano Berio). "Romanzieri ingenui e sentimentali" è la prima traduzione italiana delle Norton Lectures di Pamuk.
Tema: il romanzo. Il titolo è un richiamo al saggio di Schiller "Sulla poesia ingenua e sentimentale" (1795), e mette a capo alla distinzione di Pamuk tra due tipi umani ai quali corrispondono altrettante categorie di scrittori e di lettori: "alcuni autori non sono consapevoli delle tecniche che usano, scrivono in modo spontaneo, come se stessero compiendo un gesto del tutto naturale, dimentichi delle operazioni e dei calcoli che svolgono mentalmente (…). Userò il termine ingenuo per descrivere questo tipo di sensibilità, questo tipo di romanziere e di lettore di romanzi: quelli a cui non interessa quanto c’è di artificioso nello scrivere e nel leggere un libro. Sentimentali sono invece quei lettori e scrittori che sono affascinati dalla componente artificiosa del testo e dalla sua mancata adesione alla realtà, e che prestano severa attenzione ai metodi usati nello scrivere romanzi e a come funziona la nostra mente mentre leggiamo".
Nell’autunno del 2008, due anni dopo il Nobel per la Letteratura, lo scrittore turco Orhan Pamuk viene invitato dall’Università di Harvard a tenere le Norton Lectures (cioè il ciclo di sei conferenze che l'Università di Harvard affida ogni anno, su tema liberamente scelto, alle più importanti personalità internazionali del mondo letterario, musicale e artistico; tra gli italiani l'onore è toccato a Calvino - "Lezioni americane", a Umberto Eco e a Luciano Berio). "Romanzieri ingenui e sentimentali" è la prima traduzione italiana delle Norton Lectures di Pamuk.
Tema: il romanzo. Il titolo è un richiamo al saggio di Schiller "Sulla poesia ingenua e sentimentale" (1795), e mette a capo alla distinzione di Pamuk tra due tipi umani ai quali corrispondono altrettante categorie di scrittori e di lettori: "alcuni autori non sono consapevoli delle tecniche che usano, scrivono in modo spontaneo, come se stessero compiendo un gesto del tutto naturale, dimentichi delle operazioni e dei calcoli che svolgono mentalmente (…). Userò il termine ingenuo per descrivere questo tipo di sensibilità, questo tipo di romanziere e di lettore di romanzi: quelli a cui non interessa quanto c’è di artificioso nello scrivere e nel leggere un libro. Sentimentali sono invece quei lettori e scrittori che sono affascinati dalla componente artificiosa del testo e dalla sua mancata adesione alla realtà, e che prestano severa attenzione ai metodi usati nello scrivere romanzi e a come funziona la nostra mente mentre leggiamo".
venerdì 17 febbraio 2012
Compagno Strawinsky
"Compagno Strawinsky" di Massimo Mila (Rizzoli, pagg. 262, euro 12,90).
Massimo Mila (1910-1978), uno dei più importanti musicologi e critici musicali italiani, amico di Einaudi, Leone Ginzburg, Bobbio, Pavese, Carlo Levi, scoperto da Benedetto Croce che fa pubblicare dalla Laterza la sua tesi di laurea sul melodramma di Verdi, antifascista della prima ora e partigiano (Giustizia e Libertà, poi Partito d'Azione), collaboratore editoriale di Giulio Einaudi, traduttore di Hermann Hesse per l'editore Frassinelli, docente di Storia della musica al Conservatorio e poi all'Università di Torino, critico musicale per l'Unità, per l'Espresso, per La Stampa.
"Compagno Strawinsky", pubblicato nel 1983, da tempo uscito di catalogo, oggi riproposto in edizione economica da Rizzoli, raccoglie i saggi e gli scritti di Massimo Mila sul grande compositore russo Igor Strawinsky (1882-1971), dall'analisi delle singole opere a un ritratto dell'artista e della sua alterna fortuna nei dibattiti novecenteschi.
"Ci fu un periodo della cultura europea, diciamo fra le due guerre, che s'identificò in quel costume artistico d'antiromanticismo e naturalmente fu il periodo della grandezza assoluta, incontestata, di Strawinsky. Poi (...) il formidabile rilancio dell'espressionismo dopo la seconda guerra mondiale riportò in luce ed estese valori opposti, altrettanto rispettabili, che erano parsi fino allora limitati entro l'area dell'Europa centrale e determinati dall'amara esperienza della sconfitta. Dopo la seconda guerra mondiale tutta l'Europa occidentale praticamente si sentì sconfitta, e l'espressionismo trionfò e dilagò ovunque. Fu il momento nero della fortuna di Strawinsky. Il neoclassicismo nel quale la sua arte s'era frattanto ripiegata, dopo la fiammeggiante barbarie del periodo russo, venne inteso come una pusillanime rinuncia a scavare nell'amara realtà presente: un ripiego di evasione. (...) Giocando sulle date e sulla contemporaneità dei fatti, il neoclassicismo strawinskiano venne quasi tacciato di fascismo. (...) Ma lo scopo del neoclassicismo di Strawinsky era poi davvero decorativo e soprattutto soltanto decorativo? Certamente no. In quella incorporazione si esprimeva il sentimento profondo di ammirazione nostalgica e quasi venerazione (...) per l'antichità. (...) E anche in quella fase di apparente escapism Strawinsky ci si mostra come un contemporaneo e un fratello: un compagno di strada dell'uomo moderno".
Massimo Mila (1910-1978), uno dei più importanti musicologi e critici musicali italiani, amico di Einaudi, Leone Ginzburg, Bobbio, Pavese, Carlo Levi, scoperto da Benedetto Croce che fa pubblicare dalla Laterza la sua tesi di laurea sul melodramma di Verdi, antifascista della prima ora e partigiano (Giustizia e Libertà, poi Partito d'Azione), collaboratore editoriale di Giulio Einaudi, traduttore di Hermann Hesse per l'editore Frassinelli, docente di Storia della musica al Conservatorio e poi all'Università di Torino, critico musicale per l'Unità, per l'Espresso, per La Stampa.
"Compagno Strawinsky", pubblicato nel 1983, da tempo uscito di catalogo, oggi riproposto in edizione economica da Rizzoli, raccoglie i saggi e gli scritti di Massimo Mila sul grande compositore russo Igor Strawinsky (1882-1971), dall'analisi delle singole opere a un ritratto dell'artista e della sua alterna fortuna nei dibattiti novecenteschi.
Julio Cortázar. Carte inaspettate
"Carte inaspettate" di Julio Cortázar (Einaudi, pagg. 324, prefazione di Antonio Tabucchi, euro 20).
Julio Cortázar (1914-1984), nato in Belgio da un funzionario dell'ambasciata argentina, a Buenos Aires dall'età di quattro anni, negli ultimi anni emigra in Francia per contrasti con il governo di Perón (oggi è sepolto a Parigi, nel cimitero di Montparnasse). Professore di Letteratura francese all...'Università di Cuyo, traduttore spagnolo di Edgar Allan Poe, impegnato politicamente a sinistra, vicino al Cile di Allende e alla rivoluzione sandinista in Nicaragua, amato da Borges e da Calvino, che dagli anni '50 apre a Cortázar le porte dell'Einaudi, spingendo per la traduzione in italiano di tutte le sue opere (Il gioco del mondo, Bestiario, Racconti, ...).
"Carte inaspettate" è una raccolta di inediti di Cortázar: racconti, articoli giornalistici, interviste, poesie, brevi saggi sulla letteratura, sul cinema, sulla fotografia, sul jazz, ricordi di viaggio, ricordi degli amici.
"Deve venire da qualche parte che non è parte
di nessuna,
dal quarto lato di quel triangolo formato
da due birre e la ragazza bionda,
in questo Pub di Chelsea. Semplicemente
tanto amore per Glenda.
Le patate fritte puzzano di pesce
e il pesce non puzza: slittamenti
e sostituzioni, queste righe
e il barman dai capelli rossi e i Pink Floyd,
ogni cosa sposta ciò che è vicino, lo spinge
a levigarsi e splendere come il bambino che sboccia
da una donna.
Ma qui non c'è un come: le cose
sono quel che sono perché sono altre.
So soltanto che respiro,
tanto amore per Glenda".
Julio Cortázar (1914-1984), nato in Belgio da un funzionario dell'ambasciata argentina, a Buenos Aires dall'età di quattro anni, negli ultimi anni emigra in Francia per contrasti con il governo di Perón (oggi è sepolto a Parigi, nel cimitero di Montparnasse). Professore di Letteratura francese all...'Università di Cuyo, traduttore spagnolo di Edgar Allan Poe, impegnato politicamente a sinistra, vicino al Cile di Allende e alla rivoluzione sandinista in Nicaragua, amato da Borges e da Calvino, che dagli anni '50 apre a Cortázar le porte dell'Einaudi, spingendo per la traduzione in italiano di tutte le sue opere (Il gioco del mondo, Bestiario, Racconti, ...).
"Carte inaspettate" è una raccolta di inediti di Cortázar: racconti, articoli giornalistici, interviste, poesie, brevi saggi sulla letteratura, sul cinema, sulla fotografia, sul jazz, ricordi di viaggio, ricordi degli amici.
"Deve venire da qualche parte che non è parte
di nessuna,
dal quarto lato di quel triangolo formato
da due birre e la ragazza bionda,
in questo Pub di Chelsea. Semplicemente
tanto amore per Glenda.
Le patate fritte puzzano di pesce
e il pesce non puzza: slittamenti
e sostituzioni, queste righe
e il barman dai capelli rossi e i Pink Floyd,
ogni cosa sposta ciò che è vicino, lo spinge
a levigarsi e splendere come il bambino che sboccia
da una donna.
Ma qui non c'è un come: le cose
sono quel che sono perché sono altre.
So soltanto che respiro,
tanto amore per Glenda".
giovedì 16 febbraio 2012
Trattato poetico
"Trattato poetico" di Czesław Miłosz (1911-2004), il poeta polacco Nobel 1980 per la Letteratura (Adelphi, pagg. 118, ampio apparato di note a cura dell'autore, euro 16).
Esce per la prima volta in italiano questo poema (per lo più in endecasillabi) scritto da Miłosz tra l'inverno del 1955 e la primavera del 1956. Un poema che si delinea come un vasto "affresco storico-culturale del Novecento polacco", diviso in quattro parti: il mondo della belle époque nella Cracovia di inizio secolo; la vita politica e artistica di Varsavia tra le due guerre; le devastazioni della seconda guerra mondiale e gli orrori dell'occupazione nazista; l'ambiente degli Stati Uniti, in cui Miłosz, dopo aver vissuto l'abisso in cui sono precipitate le culture europee, individua la dimensione ideale per ritrovare serenità ed equilibrio.
"Quando ci strapperanno al nostro abbraccio,
spegnendo per sempre questa luce,
in quale Cielo potremo ritrovarci?
Al di là del mio cuore che si fermerà
e della mia parola che si bloccherà,
non conosco nè padre, nè figlio, nè casa.
Minacciava un cantante le nuvole sul ghetto,
io gettavo monete al poeta cieco,
resti il suo canto con me fino alla fine.
Per tutta la notte sul muro della cella
ho inciso la parola amore, volevo che durasse,
e che con la prigione corresse intorno al sole.
Battevo il tempo su una lattina vuota,
io che non sono, ma che ero stato
là dove la strada svoltava oltre il filo spinato.
La traccia che ho lasciato, un diario murato
nei mattoni. Forse un giorno verrà ritrovato,
il giorno della condanna o del perdono.
Terra di distruzione, terra d'odio,
nessuna parola potrà purificarla,
da lei non nascerà un simile poeta.
E anche se un poeta fosse stato chiamato,
all'ultima porta ci avrebbe accompagnato,
perché poteva trovarsi solo là,
nel ghetto in mezzo a quei bambini.
La goffa lingua dei contadini slavi
a lungo rime fruscianti ha elaborato
per intonare alfine un canto anonimo
che si sente ancor oggi nell'aria tremolante,
là dove fra le palme sibilano spume bianche,
e l'aquila pescatrice si tuffa tra le fredde
correnti del Labrador, aratro
di splendore tra gli abeti del Maine.
Semplice era quel canto. Un madrigale, un tempo
cantato alle donzelle,
con l'accompagnamento di una viola,
suonava nella bella stagione,
per la prima volta a ritroso. E questo è tutto".
Esce per la prima volta in italiano questo poema (per lo più in endecasillabi) scritto da Miłosz tra l'inverno del 1955 e la primavera del 1956. Un poema che si delinea come un vasto "affresco storico-culturale del Novecento polacco", diviso in quattro parti: il mondo della belle époque nella Cracovia di inizio secolo; la vita politica e artistica di Varsavia tra le due guerre; le devastazioni della seconda guerra mondiale e gli orrori dell'occupazione nazista; l'ambiente degli Stati Uniti, in cui Miłosz, dopo aver vissuto l'abisso in cui sono precipitate le culture europee, individua la dimensione ideale per ritrovare serenità ed equilibrio.
spegnendo per sempre questa luce,
in quale Cielo potremo ritrovarci?
Al di là del mio cuore che si fermerà
e della mia parola che si bloccherà,
non conosco nè padre, nè figlio, nè casa.
Minacciava un cantante le nuvole sul ghetto,
io gettavo monete al poeta cieco,
resti il suo canto con me fino alla fine.
Per tutta la notte sul muro della cella
ho inciso la parola amore, volevo che durasse,
e che con la prigione corresse intorno al sole.
Battevo il tempo su una lattina vuota,
io che non sono, ma che ero stato
là dove la strada svoltava oltre il filo spinato.
La traccia che ho lasciato, un diario murato
nei mattoni. Forse un giorno verrà ritrovato,
il giorno della condanna o del perdono.
Terra di distruzione, terra d'odio,
nessuna parola potrà purificarla,
da lei non nascerà un simile poeta.
E anche se un poeta fosse stato chiamato,
all'ultima porta ci avrebbe accompagnato,
perché poteva trovarsi solo là,
nel ghetto in mezzo a quei bambini.
La goffa lingua dei contadini slavi
a lungo rime fruscianti ha elaborato
per intonare alfine un canto anonimo
che si sente ancor oggi nell'aria tremolante,
là dove fra le palme sibilano spume bianche,
e l'aquila pescatrice si tuffa tra le fredde
correnti del Labrador, aratro
di splendore tra gli abeti del Maine.
Semplice era quel canto. Un madrigale, un tempo
cantato alle donzelle,
con l'accompagnamento di una viola,
suonava nella bella stagione,
per la prima volta a ritroso. E questo è tutto".
L'intransigente
"L'intransigente" di Maurizio Viroli (Laterza, pagg. 178, euro 15).
Il politologo Maurizio Viroli (Università della Svizzera italiana, Università di Princeton, colaboratore del Fatto Quotidiano), già autore del celebre "La libertà dei servi", torna con un pamphlet dedicato alla (mancanza di) intransigenza nel nostro Paese. Viroli individua il grande difetto politico (e morale) degli italiani nella carenza di intransigenza anche da parte degli oppositori, nella tendenza piuttosto ad essere perennemente accomodanti, incerti, blandi e inclini al compromesso nei confronti di qualsiasi classe politica e di qualsiasi scandalo.
"La libertà italiana è sempre stata fragile perché troppo pochi sanno essere intransigenti. (...) Un popolo abituato a transigere con la coscienza e con Dio non è capace di essere intransigente con gli uomini. (...) Così le libere repubbliche del tardo Medio Evo non hanno saputo proteggersi dalla tirannide e dal dominio straniero; lo Stato liberale nato dal Risorgimento nel 1861 è stato distrutto cinquant'anni dopo dal fascismo; la Repubblica democratica nata il 2 giugno 1946 è degenerata nel sistema berlusconiano. (...) E anche oggi che Berlusconi, non il berlusconismo, sembra uscito di scena l'intransigenza rappresenta l'unica strada per far riacquistare credibilità ed incisività ad una classe politica smarrita, senza idee e strategie. Purtroppo, però, torna il ripetersi di una storia già vista: un rinnovato clima di concordia e collaborazione, capace di far dimenticare gli errori e le malefatte del recente passato, in nome di un non ben definito interesse nazionale. Ma la storia insegna che questa è la ricetta per offrire ai servi del passato regime la possibilità di avere presto la loro rivincita e per avvilire ancora una volta le forze migliori che hanno lottato e lottano per fare dell'Italia un Paese dove non vincano i prepotenti e i furbi".
Il politologo Maurizio Viroli (Università della Svizzera italiana, Università di Princeton, colaboratore del Fatto Quotidiano), già autore del celebre "La libertà dei servi", torna con un pamphlet dedicato alla (mancanza di) intransigenza nel nostro Paese. Viroli individua il grande difetto politico (e morale) degli italiani nella carenza di intransigenza anche da parte degli oppositori, nella tendenza piuttosto ad essere perennemente accomodanti, incerti, blandi e inclini al compromesso nei confronti di qualsiasi classe politica e di qualsiasi scandalo.
"La libertà italiana è sempre stata fragile perché troppo pochi sanno essere intransigenti. (...) Un popolo abituato a transigere con la coscienza e con Dio non è capace di essere intransigente con gli uomini. (...) Così le libere repubbliche del tardo Medio Evo non hanno saputo proteggersi dalla tirannide e dal dominio straniero; lo Stato liberale nato dal Risorgimento nel 1861 è stato distrutto cinquant'anni dopo dal fascismo; la Repubblica democratica nata il 2 giugno 1946 è degenerata nel sistema berlusconiano. (...) E anche oggi che Berlusconi, non il berlusconismo, sembra uscito di scena l'intransigenza rappresenta l'unica strada per far riacquistare credibilità ed incisività ad una classe politica smarrita, senza idee e strategie. Purtroppo, però, torna il ripetersi di una storia già vista: un rinnovato clima di concordia e collaborazione, capace di far dimenticare gli errori e le malefatte del recente passato, in nome di un non ben definito interesse nazionale. Ma la storia insegna che questa è la ricetta per offrire ai servi del passato regime la possibilità di avere presto la loro rivincita e per avvilire ancora una volta le forze migliori che hanno lottato e lottano per fare dell'Italia un Paese dove non vincano i prepotenti e i furbi".
mercoledì 15 febbraio 2012
L'arte di non essere egoisti
"L'arte di non essere egoisti. Perché vorremmo tanto essere buoni e cosa ci impedisce di farlo" di Richard David Precht (Garzanti, pagg. 528, euro 28).
Ampio saggio divulgativo del filosofo e scrittore tedesco Richard David Precht sulla questione della moralità/immoralità, egoismo/altruismo nelle società occidentali del XXI secolo, attraverso una vasta casistica di esempi concreti dalla questione delle guerre al comportamento di politici, imprenditori, banchieri, grandi attori del mondo dell'economia e della finanza fino all'atteggiamento dei cittadini comuni nei confronti dei propri doveri pubblici e alla nostra indifferenza e passività rispetto ai problemi della povertà e della fame nel Mondo.
"L'uomo è buono, è la gente che è bastarda"
Ampio saggio divulgativo del filosofo e scrittore tedesco Richard David Precht sulla questione della moralità/immoralità, egoismo/altruismo nelle società occidentali del XXI secolo, attraverso una vasta casistica di esempi concreti dalla questione delle guerre al comportamento di politici, imprenditori, banchieri, grandi attori del mondo dell'economia e della finanza fino all'atteggiamento dei cittadini comuni nei confronti dei propri doveri pubblici e alla nostra indifferenza e passività rispetto ai problemi della povertà e della fame nel Mondo.
"L'uomo è buono, è la gente che è bastarda"
Non so se don Lorenzo
"Non so se don Lorenzo" di Adele Corradi (Feltrinelli, pagg. 170, euro 14).
Adele Corradi oggi quasi novantenne scrive e pubblica i suoi ricordi e gli aneddoti più interessanti sulla figura di don Lorenzo Milani. Adele Corradi - "l’Adele" citata da don Milani in molte sue lettere - è stata una delle maggiori protagoniste di Barbiana dal 1963 alla morte di don Milani nel 1967. Era lei l'insegnante che preparava i ragazzi di Barbiana agli esami di Stato, inoltre era incaricata di telefonare (a Barbiana non c’era telefono) per tenere i vari contatti, portava a don Milani le medicine per la sua malattia, accompagnava la mamma di don Milani da Firenze, e fu lei a salvare l'originale del Catechismo che don Milani voleva distruggere prima di morire.
"Eravamo noi tre soli, dopo cena, tranquilli. Si stava bene: l'Eda seduta al tavolo, io di fronte a lei, don Lorenzo sulla poltrona di vimini vicino alla cappa del camino. L'Eda aveva una voce bellissima, di contralto, credo, profonda e intonata. Chiesi che mi cantasse In Paradisum deducant te Angeli e lei si mise a cantare. Io ascoltavo incantata da quella voce e da quelle parole '...in tuo adventu suscipiant te Martires...'. Ma don Lorenzo a un tratto, bruscamente: 'Smetta Eda!' la interruppe... era quasi un grido... Mi voltai stupita. Ma non era arrabbiato. La guardava addolorato. E infatti: 'Mi fa pena', disse, 'non capisce... canta senza capire...".
Adele Corradi oggi quasi novantenne scrive e pubblica i suoi ricordi e gli aneddoti più interessanti sulla figura di don Lorenzo Milani. Adele Corradi - "l’Adele" citata da don Milani in molte sue lettere - è stata una delle maggiori protagoniste di Barbiana dal 1963 alla morte di don Milani nel 1967. Era lei l'insegnante che preparava i ragazzi di Barbiana agli esami di Stato, inoltre era incaricata di telefonare (a Barbiana non c’era telefono) per tenere i vari contatti, portava a don Milani le medicine per la sua malattia, accompagnava la mamma di don Milani da Firenze, e fu lei a salvare l'originale del Catechismo che don Milani voleva distruggere prima di morire.
"Eravamo noi tre soli, dopo cena, tranquilli. Si stava bene: l'Eda seduta al tavolo, io di fronte a lei, don Lorenzo sulla poltrona di vimini vicino alla cappa del camino. L'Eda aveva una voce bellissima, di contralto, credo, profonda e intonata. Chiesi che mi cantasse In Paradisum deducant te Angeli e lei si mise a cantare. Io ascoltavo incantata da quella voce e da quelle parole '...in tuo adventu suscipiant te Martires...'. Ma don Lorenzo a un tratto, bruscamente: 'Smetta Eda!' la interruppe... era quasi un grido... Mi voltai stupita. Ma non era arrabbiato. La guardava addolorato. E infatti: 'Mi fa pena', disse, 'non capisce... canta senza capire...".
martedì 14 febbraio 2012
Tauroetica
"Tauroetica" di Fernando Savater (Laterza, pagg. 122, euro 14).
Il 28 luglio 2010 il Parlamento della Regione Autonoma della Catalogna ha decretato l'abolizione delle corride (68 voti a favore, 55 contrari, 9 astenuti), con risoluzione entrata in vigore a gennaio 2012. Altrove - soprattutto in Andalusia - le corride continuano, ma c'è un crescente movimento di opinione di tipo animalista che ne vorrebbe l'abolizione.
Il grande moralista e scrittore spagnolo Fernando Savater (Etica per un figlio, Politica per un figlio, Storia della filosofia raccontata da Fernando Savater, Domande della vita, La vita eterna, Luoghi lontani e mondi immaginari,...) si interroga in questo pamphlet sulla moralità della corrida. E' accettabile dal punto di vista etico lo spettacolo dell'uccisione dei tori nelle arene? E' opportuno vietare per legge le corride?
Fernando Savater, nonostante sia stato sommerso da mail di protesta da parte dei fautori dei diritti animali, resta fermo sulle sue posizioni: le corride sono moralmente lecite (alla luce del pensiero morale di Savater); in ogni caso, il fatto che le corride risultino ripugnanti alla sensibilità e alle convinzioni morali di una parte dei cittadini, non è motivo sufficiente - in uno Stato liberale - per sancirne il divieto sul piano legale.
Comunque la si pensi sull'argomento, lettura interessante e consigliata.
"(...) la battaglia è terminata da tempo e gli animali sono stati definitivamente sconfitti. Essi ormai non costituiscono più rivali minacciosi e degni di rispetto, e tutti quanti - compresi i più feroci, come lo squalo bianco, la tigre del Bengala e il cobra - sono diventati delle 'povere bestiole'. Meritano la nostra pietà come vittime perché li abbiamo sconfitti. (...) Le corride, simbolizzando la rivalità ancestrale tra l'uomo e la bestia, sono considerate da alcuni come spettacoli degni di censura. E tuttavia è proprio nelle corride che la fiera recupera un po' della sua dignità smarrita di bestia temibile...".
"George Orwell ha detto che ci sono persone, come i vegetariani o i comunisti, con cui è impossibile discutere. L'elenco dei contagiati da questa patologia - e dalla conseguente mancanza di senso dell'umorismo - non smette di crescere. Ho paura che bisognerà iscrivere a questo gruppo anche i sostenitori dei cosiddetti 'diritti' degli animali".
Il 28 luglio 2010 il Parlamento della Regione Autonoma della Catalogna ha decretato l'abolizione delle corride (68 voti a favore, 55 contrari, 9 astenuti), con risoluzione entrata in vigore a gennaio 2012. Altrove - soprattutto in Andalusia - le corride continuano, ma c'è un crescente movimento di opinione di tipo animalista che ne vorrebbe l'abolizione.
Il grande moralista e scrittore spagnolo Fernando Savater (Etica per un figlio, Politica per un figlio, Storia della filosofia raccontata da Fernando Savater, Domande della vita, La vita eterna, Luoghi lontani e mondi immaginari,...) si interroga in questo pamphlet sulla moralità della corrida. E' accettabile dal punto di vista etico lo spettacolo dell'uccisione dei tori nelle arene? E' opportuno vietare per legge le corride?
Fernando Savater, nonostante sia stato sommerso da mail di protesta da parte dei fautori dei diritti animali, resta fermo sulle sue posizioni: le corride sono moralmente lecite (alla luce del pensiero morale di Savater); in ogni caso, il fatto che le corride risultino ripugnanti alla sensibilità e alle convinzioni morali di una parte dei cittadini, non è motivo sufficiente - in uno Stato liberale - per sancirne il divieto sul piano legale.
Comunque la si pensi sull'argomento, lettura interessante e consigliata.
"(...) la battaglia è terminata da tempo e gli animali sono stati definitivamente sconfitti. Essi ormai non costituiscono più rivali minacciosi e degni di rispetto, e tutti quanti - compresi i più feroci, come lo squalo bianco, la tigre del Bengala e il cobra - sono diventati delle 'povere bestiole'. Meritano la nostra pietà come vittime perché li abbiamo sconfitti. (...) Le corride, simbolizzando la rivalità ancestrale tra l'uomo e la bestia, sono considerate da alcuni come spettacoli degni di censura. E tuttavia è proprio nelle corride che la fiera recupera un po' della sua dignità smarrita di bestia temibile...".
L'amore filosofo
"L'amore filosofo" di Manuel Cruz (Filosofia contemporanea, Università di Barcellona), Einaudi, pagg. 248, rilegato, euro 25).
Otto capitoli, otto grandi filosofi di cui Manuel Cruz ricostruisce sia il contributo alla storia del pensiero sul tema dell'amore sia le vicende esistenziali e il coinvolgimento personale nelle relazioni amorose. Platone, o di che cosa parliamo quando parliamo dell'amore; Sant'Agostino e l'irruzione delle ombre; Abelardo ed Eloisa, o l'amore come eresia; Spinoza, aritmetica della ragione, geometria delle passioni; Nietzsche e Lou Andreas-Salomé: vivere in un edificio crepato; Sartre e Simone de Beauvoir: un impegno nato morto; Hannah Arendt, il pensiero e la solitudine; Michel Foucault: il difficile amore tra eguali.
"L'idea che abbiamo oggi dell'amore contiene dunque non solo il pensiero, ma anche il vissuto di chi ci ha preceduto: è la somma dell'amore come fonte di energia, pensato da Platone; del senso di colpa di cui soffriva sant'Agostino; della passione erotica esemplificata da Abelardo ed Eloisa; dell'amore come necessità, presupposto da Spinoza; dell'amore come impossibilità, vissuto da Nietzsche; degli esperimenti di Sartre e Simone de Beauvoir; della fusione appassionata conosciuta da Hannah Arendt; dell'amore come risultato di pratiche sociali, messo in luce da Foucault".
Otto capitoli, otto grandi filosofi di cui Manuel Cruz ricostruisce sia il contributo alla storia del pensiero sul tema dell'amore sia le vicende esistenziali e il coinvolgimento personale nelle relazioni amorose. Platone, o di che cosa parliamo quando parliamo dell'amore; Sant'Agostino e l'irruzione delle ombre; Abelardo ed Eloisa, o l'amore come eresia; Spinoza, aritmetica della ragione, geometria delle passioni; Nietzsche e Lou Andreas-Salomé: vivere in un edificio crepato; Sartre e Simone de Beauvoir: un impegno nato morto; Hannah Arendt, il pensiero e la solitudine; Michel Foucault: il difficile amore tra eguali.
"L'idea che abbiamo oggi dell'amore contiene dunque non solo il pensiero, ma anche il vissuto di chi ci ha preceduto: è la somma dell'amore come fonte di energia, pensato da Platone; del senso di colpa di cui soffriva sant'Agostino; della passione erotica esemplificata da Abelardo ed Eloisa; dell'amore come necessità, presupposto da Spinoza; dell'amore come impossibilità, vissuto da Nietzsche; degli esperimenti di Sartre e Simone de Beauvoir; della fusione appassionata conosciuta da Hannah Arendt; dell'amore come risultato di pratiche sociali, messo in luce da Foucault".
sabato 11 febbraio 2012
Il mio pensiero non vi lascia
"Il mio pensiero non vi lascia. Lettere a Gianfranco Draghi e ad altri amici del periodo fiorentino" di Cristina Campo (Adelphi, pagg. 282, euro 24).
Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Guerrini (1923-1977), scrittrice, poetessa, traduttrice (ha tradotto diverse opere di Simon Weil, Virginia Woolf, John Donne, Katherine Mansfield,...), cattolica tradizionalista, amica di Mario Luzi, Maria Zambrano, Andrea Emo, compagna del filosofo francese Elémire Zolla. Editorialmente quasi dimenticata, Cristina Campo viene riscoperta negli ultimi anni soprattutto da Adelphi e soprattutto per le sue lettere.
In questa nuova uscita Adelphi propone le lettere scritte da Roma (dove Cristina Campo fu costretta a trasferirsi abbandonando Firenze nel 1956, per seguire il padre chiamato a dirigere il Conservatorio di Santa Cecilia) agli amici del periodo fiorentino, e in particolare all'amico scrittore Gianfranco Draghi, antifascista militante del partito d'Azione, poi federalista europeo, artista, psicologo tra i primi a introdurre la psicoanalisi junghiana in Italia.
"Vivere, certo, mio caro amico. Non c'è nulla di più - nulla di meno - da fare. Quanto ad essere felici, questo è il terribilmente difficile, estenuante. Come portare in bilico sulla testa una preziosa pagoda, tutta di vetro soffiato, adorna di campanelli e di fragili fiamme accese; e continuare a compiere ora per ora i mille oscuri e pesanti movimenti della giornata senza che un lumicino si spenga, che un campanello dia una nota turbata".
Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Guerrini (1923-1977), scrittrice, poetessa, traduttrice (ha tradotto diverse opere di Simon Weil, Virginia Woolf, John Donne, Katherine Mansfield,...), cattolica tradizionalista, amica di Mario Luzi, Maria Zambrano, Andrea Emo, compagna del filosofo francese Elémire Zolla. Editorialmente quasi dimenticata, Cristina Campo viene riscoperta negli ultimi anni soprattutto da Adelphi e soprattutto per le sue lettere.
In questa nuova uscita Adelphi propone le lettere scritte da Roma (dove Cristina Campo fu costretta a trasferirsi abbandonando Firenze nel 1956, per seguire il padre chiamato a dirigere il Conservatorio di Santa Cecilia) agli amici del periodo fiorentino, e in particolare all'amico scrittore Gianfranco Draghi, antifascista militante del partito d'Azione, poi federalista europeo, artista, psicologo tra i primi a introdurre la psicoanalisi junghiana in Italia.
"Vivere, certo, mio caro amico. Non c'è nulla di più - nulla di meno - da fare. Quanto ad essere felici, questo è il terribilmente difficile, estenuante. Come portare in bilico sulla testa una preziosa pagoda, tutta di vetro soffiato, adorna di campanelli e di fragili fiamme accese; e continuare a compiere ora per ora i mille oscuri e pesanti movimenti della giornata senza che un lumicino si spenga, che un campanello dia una nota turbata".
venerdì 10 febbraio 2012
L'uomo che credeva di essere morto
"L'uomo che credeva di essere morto e altri casi clinici sul mistero della natura umana" di Vilayanur S. Ramachandran (Mondadori, pagg. 380, rilegato, euro 20).
In stile Oliver Sacks (L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, L'isola dei senza colore, Zio Tungsteno, Musicofilia, Risvegli, Un antropologo su Marte, Vedere voci, Su una gamba sola, L'occhio della mente,....tutti disponibili in libreria) il grande neurologo e psicologo indiano Vilayanur S. Ramachandran racconta il funzionamento e i misteri del cervello umano narrando le storie dei suoi pazienti colpiti da difetti genetici e lesioni cerebrali (l'uomo che ha subito l'amputazione di un arto ma continua ad avvertirne la presenza, l'uomo che "vede" le note musicali, che sente il sapore degli oggetti che tocca, l'uomo che viveva credendo di essere morto,...).
"Perché alcune persone ci attraggono sessualmente? Perché ci affascina una certa melodia, un quadro o un tramonto? Come è nato il linguaggio? Come fa il cervello a dare origine alla coscienza? Ognuno di noi, almeno una volta, si sarà posto qualcuna di queste domande, accontentandosi magari di risposte improvvisate, oppure rassegnandosi a ritenerle insolubili. Il famoso neuroscienziato Vilayanur S. Ramachandran le considera invece stimolanti per approfondire ulteriormente, con il suo inconfondibile stile intuitivo 'alla Sherlock Holmes', lo studio di quell'affascinante enigma che sono ancor oggi le connessioni tra corpo, mente e cervello. Il metodo da lui adottato non si basa infatti su astruse categorie filosofiche, ma sull'osservazione concreta dei pazienti"
In stile Oliver Sacks (L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, L'isola dei senza colore, Zio Tungsteno, Musicofilia, Risvegli, Un antropologo su Marte, Vedere voci, Su una gamba sola, L'occhio della mente,....tutti disponibili in libreria) il grande neurologo e psicologo indiano Vilayanur S. Ramachandran racconta il funzionamento e i misteri del cervello umano narrando le storie dei suoi pazienti colpiti da difetti genetici e lesioni cerebrali (l'uomo che ha subito l'amputazione di un arto ma continua ad avvertirne la presenza, l'uomo che "vede" le note musicali, che sente il sapore degli oggetti che tocca, l'uomo che viveva credendo di essere morto,...).
"Perché alcune persone ci attraggono sessualmente? Perché ci affascina una certa melodia, un quadro o un tramonto? Come è nato il linguaggio? Come fa il cervello a dare origine alla coscienza? Ognuno di noi, almeno una volta, si sarà posto qualcuna di queste domande, accontentandosi magari di risposte improvvisate, oppure rassegnandosi a ritenerle insolubili. Il famoso neuroscienziato Vilayanur S. Ramachandran le considera invece stimolanti per approfondire ulteriormente, con il suo inconfondibile stile intuitivo 'alla Sherlock Holmes', lo studio di quell'affascinante enigma che sono ancor oggi le connessioni tra corpo, mente e cervello. Il metodo da lui adottato non si basa infatti su astruse categorie filosofiche, ma sull'osservazione concreta dei pazienti"
Come funziona la musica
"Come funziona la musica. La scienza dei suoni bellissimi, da Beethoven ai Beatles e oltre" di John Powell (dottorato in Fisica a Londra, docente di Scienze dei Materiali all'università di Nottingham), Salani editore, pagg. 322, euro 18.
Che cos'è "l'orecchio assoluto", differenze di funzionamento e di suono tra i diversi strumenti musicali, come la musica influenza l'umore, cosa succede all'aria che va dallo strumento all'orecchio, note, accordi, armonie, scale, ritmi, evoluzione storica e differenze tra i supporti per l'ascolto (vinile, musicassette, cd), volume e sistema dei decibel, sintetizzatori, onde sonore, ... In pratica un'introduzione generale, divulgativa, ai fondamenti e agli aspetti tecnici della musica.
"Molte persone sono convinte che la musica sia interamente fondata sull'arte. Non è così. Sotto la componente creativa della musica ci sono le leggi della logica, dell'ingegneria, della psicologia e della fisica, e nel corso degli ultimi due millenni l'evoluzione della musica è stata una continua interazione tra arte e scienza. (...) Tutti parliamo di musica: qual è la canzone o il gruppo preferito, qual è lo strumento che stuzzica, emoziona o immalinconisce. Ma chi sa definire cos'è realmente la musica, o stabilire con precisione la differenza tra un rumore e una nota? Chi sa dire perché il primo è brutto e la seconda è bella? E perché certi suoni sono capaci di intristirci o entusiasmarci?".
Che cos'è "l'orecchio assoluto", differenze di funzionamento e di suono tra i diversi strumenti musicali, come la musica influenza l'umore, cosa succede all'aria che va dallo strumento all'orecchio, note, accordi, armonie, scale, ritmi, evoluzione storica e differenze tra i supporti per l'ascolto (vinile, musicassette, cd), volume e sistema dei decibel, sintetizzatori, onde sonore, ... In pratica un'introduzione generale, divulgativa, ai fondamenti e agli aspetti tecnici della musica.
"Molte persone sono convinte che la musica sia interamente fondata sull'arte. Non è così. Sotto la componente creativa della musica ci sono le leggi della logica, dell'ingegneria, della psicologia e della fisica, e nel corso degli ultimi due millenni l'evoluzione della musica è stata una continua interazione tra arte e scienza. (...) Tutti parliamo di musica: qual è la canzone o il gruppo preferito, qual è lo strumento che stuzzica, emoziona o immalinconisce. Ma chi sa definire cos'è realmente la musica, o stabilire con precisione la differenza tra un rumore e una nota? Chi sa dire perché il primo è brutto e la seconda è bella? E perché certi suoni sono capaci di intristirci o entusiasmarci?".
giovedì 9 febbraio 2012
Barbie girls
"Barbie girls" di Sergej Minaev (editore Nikita, pagg. 562, euro 14,50).
Nikita è un editore italiano specializzato in narrativa dei Paesi nati dalla fine del blocco sovietico, da Berlino est alla Siberia.
Sergej Minaev, scrittore e giornalista russo, racconta in "Barbie Girls" la "gioventù dorata" moscovita postsovietica, tra riviste glamour, cocaina e belle donne, "una Russia del ventunesimo secolo che ci appare come un'esasperazione della peggiore New York degli yuppies anni Ottanta".
"Hai già deciso tutto?"
"Sì. Absolutely...Assolutamente"
"E quando pensi di trasferirti negli States?"
"Ancora un paio d'anni, honey. Diventerò head of purchasing, farò some investments, e via. Solo in Russia ci si può fare una carriera e una posizione, you know. Ma voglio vivere e investire in America"
Nikita è un editore italiano specializzato in narrativa dei Paesi nati dalla fine del blocco sovietico, da Berlino est alla Siberia.
Sergej Minaev, scrittore e giornalista russo, racconta in "Barbie Girls" la "gioventù dorata" moscovita postsovietica, tra riviste glamour, cocaina e belle donne, "una Russia del ventunesimo secolo che ci appare come un'esasperazione della peggiore New York degli yuppies anni Ottanta".
"Hai già deciso tutto?"
"Sì. Absolutely...Assolutamente"
"E quando pensi di trasferirti negli States?"
"Ancora un paio d'anni, honey. Diventerò head of purchasing, farò some investments, e via. Solo in Russia ci si può fare una carriera e una posizione, you know. Ma voglio vivere e investire in America"
mercoledì 8 febbraio 2012
Libricini 2
Libricini 2.
"La politica delle mani pulite" di Sandro Pertini (Chiarelettere, pagg. 100, euro 7). Antologia di lettere, discorsi, interviste e messaggi televisivi di Sandro Pertini, dagli anni della prima guerra mondiale fino al settennato presidenziale (1978-1985).
"L'ho detto in alto, il più alto possibile: amici miei, io non resto un minuto di più si questa sedia se la mia coscienza si ribella. Non accetterò mai di diventare il complice di coloro che stanno affossando la democrazia e la giustizia in una valanga di corruzione".
"Gramsci, Manzoni e mia suocera. Quando gli esperti sbagliano le previsioni politiche" di Ilvo Diamanti (il Mulino, pagg. 120, euro 10).
"Antonio Gramsci (...) distingueva tra 'buon senso' e 'senso comune'. E citava, a questo fine, Alessandro Manzoni. Il quale nei Promessi sposi annotava che al tempo della peste 'c'era pur qualcuno che non credeva agli untori, ma non poteva sostenere la sua opinione contro l'opinione volgare diffusa'. Perché, aggiungeva Manzoni, 'il buon senso c'era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune'. (...) Gli esperti di politica fanno sempre più fatica a orientarsi in un territorio mobile, di cui è facile smarrire la mappa. Anche perché concentrano l'attenzione sui protagonisti della ribalta politica - i governi, le istituzioni, i partiti - e trascurano il retroscena sociale. In particolare, ignorano quei 'microclimi d'opinione' che improntano i mondi locali e i rapporti interpersonali. In questo modo, però, molti fenomeni diventano invisibili e inspiegabili".
"La politica delle mani pulite" di Sandro Pertini (Chiarelettere, pagg. 100, euro 7). Antologia di lettere, discorsi, interviste e messaggi televisivi di Sandro Pertini, dagli anni della prima guerra mondiale fino al settennato presidenziale (1978-1985).
"L'ho detto in alto, il più alto possibile: amici miei, io non resto un minuto di più si questa sedia se la mia coscienza si ribella. Non accetterò mai di diventare il complice di coloro che stanno affossando la democrazia e la giustizia in una valanga di corruzione".
"Gramsci, Manzoni e mia suocera. Quando gli esperti sbagliano le previsioni politiche" di Ilvo Diamanti (il Mulino, pagg. 120, euro 10).
"Antonio Gramsci (...) distingueva tra 'buon senso' e 'senso comune'. E citava, a questo fine, Alessandro Manzoni. Il quale nei Promessi sposi annotava che al tempo della peste 'c'era pur qualcuno che non credeva agli untori, ma non poteva sostenere la sua opinione contro l'opinione volgare diffusa'. Perché, aggiungeva Manzoni, 'il buon senso c'era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune'. (...) Gli esperti di politica fanno sempre più fatica a orientarsi in un territorio mobile, di cui è facile smarrire la mappa. Anche perché concentrano l'attenzione sui protagonisti della ribalta politica - i governi, le istituzioni, i partiti - e trascurano il retroscena sociale. In particolare, ignorano quei 'microclimi d'opinione' che improntano i mondi locali e i rapporti interpersonali. In questo modo, però, molti fenomeni diventano invisibili e inspiegabili".
Libricini
Libricini.
"Dominique e Séraphine. Un romanzo corso, 1768" (editore Barbès, pagg. 83, euro 8). Il primo romanzo francese ambientato in Corsica, di anonimo ufficiale francese.
"L'amore impossibile fra i due protagonisti, il francese Dominique e la corsa Séraphine, può essere letto come una metafora dell'impossibile indipendenza che la Francia si prepara a soffocare nel sangue. I particolari storici, geografici e perfino il riferimento alla vegetazione sono precisi: forse si tratta di un romanzo autobiografico. 'Dominique e Séraphine' contiene gli elementi tipici della tragedia antica: amore, guerra, intrigo, morte. Sebbene l'autore sia francese, appare evidente la simpatia per la parte avversa: alla menzogna viene opposta la purezza dei luoghi e la nobiltà dell'animo corso".
"Amori di carta. Frasi d'amore per i libri", a cura di Giovanni Bogani, editore Cult, pagg. 160, euro 8. Antologia di aforismi e frasi sui libri, sulla scrittura e sulla lettura.
"I miei libri sono come acqua; quelli dei grandi geni sono come vino. Ma l'acqua la bevono tutti" (Mark Twain)
"Quella letteraria è l'unica professione in cui nessuno ti considera ridicolo se non guadagni del denaro" (Jules Renard)
"Per me un libro è valido quando ti dà l'impressione che l'autore sarebbe crepato se non l'avesse scritto" (Thomas Edward Lawrence)
"Dominique e Séraphine. Un romanzo corso, 1768" (editore Barbès, pagg. 83, euro 8). Il primo romanzo francese ambientato in Corsica, di anonimo ufficiale francese.
"L'amore impossibile fra i due protagonisti, il francese Dominique e la corsa Séraphine, può essere letto come una metafora dell'impossibile indipendenza che la Francia si prepara a soffocare nel sangue. I particolari storici, geografici e perfino il riferimento alla vegetazione sono precisi: forse si tratta di un romanzo autobiografico. 'Dominique e Séraphine' contiene gli elementi tipici della tragedia antica: amore, guerra, intrigo, morte. Sebbene l'autore sia francese, appare evidente la simpatia per la parte avversa: alla menzogna viene opposta la purezza dei luoghi e la nobiltà dell'animo corso".
"Amori di carta. Frasi d'amore per i libri", a cura di Giovanni Bogani, editore Cult, pagg. 160, euro 8. Antologia di aforismi e frasi sui libri, sulla scrittura e sulla lettura.
"I miei libri sono come acqua; quelli dei grandi geni sono come vino. Ma l'acqua la bevono tutti" (Mark Twain)
"Quella letteraria è l'unica professione in cui nessuno ti considera ridicolo se non guadagni del denaro" (Jules Renard)
"Per me un libro è valido quando ti dà l'impressione che l'autore sarebbe crepato se non l'avesse scritto" (Thomas Edward Lawrence)
martedì 7 febbraio 2012
Philip Roth. Goodbye, Columbus
"Goodbye, Columbus" di Philip Roth (Einaudi, pagg. 256, rilegato, euro 19,50).
Capolavoro di Philip Roth uscito nel 1959 (è il primo libro di Roth), in Italia pubblicato negli anni '60 da Bompiani e da Garzanti, poi sparito, ora finalmente ripubblicato da Einaudi.
Romanzo breve che racconta l'amore estivo tra Neil Klugman e Brenda Patimkin, entrambi ebrei (come Roth), lui giovane bibliotecario cresciuto in un quartiere povero di Newark, lei figlia di ebrea ortodossa e del ricco venditore di acquai e lavandini Ben Patimkin e cresciuta nel lussuoso sobborgo di Short Hills. Seguono cinque racconti (La conversione degli ebrei, Difensore della fede, Epstein, Non si può giudicare un uomo dalla canzone che canta, Eli il fanatico).
"Vediamo, che altro feci? Mangiare, dormire, andare al cinema, mandare libri squinternati alla legatoria... Feci tutto ciò che avevo fatto prima, ma ora ogni attività era come circondata da un recinto, esisteva isolatamente, e la mia vita consisteva nel saltare da un recinto all'altro. Non c'era un filo conduttore, perché Brenda era stata proprio questo".
Capolavoro di Philip Roth uscito nel 1959 (è il primo libro di Roth), in Italia pubblicato negli anni '60 da Bompiani e da Garzanti, poi sparito, ora finalmente ripubblicato da Einaudi.
Romanzo breve che racconta l'amore estivo tra Neil Klugman e Brenda Patimkin, entrambi ebrei (come Roth), lui giovane bibliotecario cresciuto in un quartiere povero di Newark, lei figlia di ebrea ortodossa e del ricco venditore di acquai e lavandini Ben Patimkin e cresciuta nel lussuoso sobborgo di Short Hills. Seguono cinque racconti (La conversione degli ebrei, Difensore della fede, Epstein, Non si può giudicare un uomo dalla canzone che canta, Eli il fanatico).
"Vediamo, che altro feci? Mangiare, dormire, andare al cinema, mandare libri squinternati alla legatoria... Feci tutto ciò che avevo fatto prima, ma ora ogni attività era come circondata da un recinto, esisteva isolatamente, e la mia vita consisteva nel saltare da un recinto all'altro. Non c'era un filo conduttore, perché Brenda era stata proprio questo".
sabato 4 febbraio 2012
Fantasmagonia
"Fantasmagonia" (Einaudi, pagg. 166, rilegato, euro 18), il nuovo libro - una raccolta di racconti - di Michele Mari, lo scrittore milanese e docente di letteratura italiana alla Statale di Milano già autore di "Tutto il ferro della torre Eiffel" e di "Rosso Floyd" (entrambi disponibili qui in libreria).
"Per fare un fantasma occorrono una vita, un male, un luogo. Il luogo e il male devono segnare la vita, fino a renderla inimmaginabile senza di essi. Il luogo dev'essere circoscritto, con confini precisi; piú che un luogo, una porzione chiusa di luogo: preferibilmente una casa. Mostri, spiriti, ombre e possessioni demoniache: un esaustivo compendio ultraterreno fa da corollario a queste storie.
(...) C'è anche un altro demone che si aggira fra queste pagine, ed è quello della letteratura. (...) Fino a scoprire che - mettendo insieme Cecco Angiolieri e il Piccolo Principe, Frankenstein e Kafka, Rimbaud e Pinocchio - nessun essere umano potrà mai sfuggire ai propri fantasmi, perché sin dalla nascita li contiene già tutti quanti dentro di sé".
"Per fare un fantasma occorrono una vita, un male, un luogo. Il luogo e il male devono segnare la vita, fino a renderla inimmaginabile senza di essi. Il luogo dev'essere circoscritto, con confini precisi; piú che un luogo, una porzione chiusa di luogo: preferibilmente una casa. Mostri, spiriti, ombre e possessioni demoniache: un esaustivo compendio ultraterreno fa da corollario a queste storie.
(...) C'è anche un altro demone che si aggira fra queste pagine, ed è quello della letteratura. (...) Fino a scoprire che - mettendo insieme Cecco Angiolieri e il Piccolo Principe, Frankenstein e Kafka, Rimbaud e Pinocchio - nessun essere umano potrà mai sfuggire ai propri fantasmi, perché sin dalla nascita li contiene già tutti quanti dentro di sé".
venerdì 3 febbraio 2012
Legami pericolosi. Ebrei e cristiani tra eresia, libri proibiti e stregoneria
"Legami pericolosi. Ebrei e cristiani tra eresia, libri proibiti e stregoneria" di Marina Caffiero (Storia Moderna, Università La Sapienza, Roma), Einaudi, pagg. 394, rilegato, euro 34.
I "legami pericolosi" di cui parla il titolo sono quelli tra ebrei e cristiani in età moderna, tra il XVI e il XVIII secolo. In una società istituzionalmente chiusa, inquisitoriale e con forti componenti antigiudaiche a livello politico e religioso, nondimeno i rapporti tra ebrei e cristiani erano diffusi e quotidiani. Di queste relazioni pericolose e illegali tra ebrei e cristiani nelle società europee tra il '500 e il '700 si occupa il libro: cristiani che leggevano e studiavano i libri ebraici proibiti, casi di complicità tra ebrei e cristiani in pratiche di magia e stregoneria, eresie e credenze superstiziose condivise, discussioni e dibattiti segreti sulle rispettive fedi, coppie miste e amori proibiti, i casi degli avvocati cristiani che difendevano gli ebrei di fronte all'Inquisizione.
"Storie da cui emerge uno scarto enorme tra il prescritto e il vissuto, e comportamenti caratterizzati da grande libertà rispetto ai divieti e alle norme".
I "legami pericolosi" di cui parla il titolo sono quelli tra ebrei e cristiani in età moderna, tra il XVI e il XVIII secolo. In una società istituzionalmente chiusa, inquisitoriale e con forti componenti antigiudaiche a livello politico e religioso, nondimeno i rapporti tra ebrei e cristiani erano diffusi e quotidiani. Di queste relazioni pericolose e illegali tra ebrei e cristiani nelle società europee tra il '500 e il '700 si occupa il libro: cristiani che leggevano e studiavano i libri ebraici proibiti, casi di complicità tra ebrei e cristiani in pratiche di magia e stregoneria, eresie e credenze superstiziose condivise, discussioni e dibattiti segreti sulle rispettive fedi, coppie miste e amori proibiti, i casi degli avvocati cristiani che difendevano gli ebrei di fronte all'Inquisizione.
"Storie da cui emerge uno scarto enorme tra il prescritto e il vissuto, e comportamenti caratterizzati da grande libertà rispetto ai divieti e alle norme".
giovedì 2 febbraio 2012
Gadda e Pasolini: antibiografia di una nazione
"Gadda e Pasolini: antibiografia di una nazione", editore Minimum Fax, euro 16,90.
Cofanetto con un libro e 2 dvd. Il dvd 1 contiene lo spettacolo teatrale "'Na specie de cadavere lunghissimo" (Premio Istryo 2006), un'idea di Fabrizio Gifuni dai testi di Pier Paolo Pasolini e Giorgio Somalvico, unico interprete Fabrizio Gifuni, regia di Giuseppe Bertolucci (durata minuti 70). Il dvd 2 contiene lo spettacolo teatrale "L'ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro", un'idea di Fabrizio Gifuni da testi di Gadda e Shakespeare, sempre con la regia di Giuseppe Bertolucci (Durata 86 minuti). Il libro (71 pagine con inserto fotografico) presenta il testo integrale dello spettacolo "L'ingegner Gadda va alla guerra", più un saggio di Giuseppe Genna.
"Il progetto Gadda e Pasolini: antibiografia di una nazione è nato dal desiderio di organizzare un grande racconto sulla trasformazione del nostro paese. Su ciò che eravamo, su ciò che siamo diventati o su ciò che in fondo siamo sempre stati. Per capire cosa è accaduto, come sia stato possibile arrivare a tutto questo. Quello che ne è venuto fuori, a distanza di anni, è un doppio sguardo sulla nostra storia del Novecento, feroce e inesorabile, dove al 'teorema pasoliniano' sulla mutazione antropologica di un intero paese si aggiungono, come tessere di un unico mosaico, le note gaddiane sulla Grande Guerra e le sue annotazioni psico-letterarie sul ventennale flagello fascista. Due sguardi incrociati sulle dinamiche della grande Storia, spesso sorprendenti, dove termini come progressista o conservatore, cedono il passo alla sola forza di due intelligenze in continuo movimento".
Cofanetto con un libro e 2 dvd. Il dvd 1 contiene lo spettacolo teatrale "'Na specie de cadavere lunghissimo" (Premio Istryo 2006), un'idea di Fabrizio Gifuni dai testi di Pier Paolo Pasolini e Giorgio Somalvico, unico interprete Fabrizio Gifuni, regia di Giuseppe Bertolucci (durata minuti 70). Il dvd 2 contiene lo spettacolo teatrale "L'ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro", un'idea di Fabrizio Gifuni da testi di Gadda e Shakespeare, sempre con la regia di Giuseppe Bertolucci (Durata 86 minuti). Il libro (71 pagine con inserto fotografico) presenta il testo integrale dello spettacolo "L'ingegner Gadda va alla guerra", più un saggio di Giuseppe Genna.
"Il progetto Gadda e Pasolini: antibiografia di una nazione è nato dal desiderio di organizzare un grande racconto sulla trasformazione del nostro paese. Su ciò che eravamo, su ciò che siamo diventati o su ciò che in fondo siamo sempre stati. Per capire cosa è accaduto, come sia stato possibile arrivare a tutto questo. Quello che ne è venuto fuori, a distanza di anni, è un doppio sguardo sulla nostra storia del Novecento, feroce e inesorabile, dove al 'teorema pasoliniano' sulla mutazione antropologica di un intero paese si aggiungono, come tessere di un unico mosaico, le note gaddiane sulla Grande Guerra e le sue annotazioni psico-letterarie sul ventennale flagello fascista. Due sguardi incrociati sulle dinamiche della grande Storia, spesso sorprendenti, dove termini come progressista o conservatore, cedono il passo alla sola forza di due intelligenze in continuo movimento".
mercoledì 1 febbraio 2012
Cellulari, tumori e tutto quello che le lobby non dicono
"Toglietevelo dalla testa. Cellulari, tumori e tutto quello che le lobby non dicono", editore Chiarelettere, pagg. 358, euro 15.
Inchiesta del giornalista di Repubblica Riccardo Staglianò sulla correlazione tra uso del cellulare e tumori al cervello, e sulle spietate strategie delle multinazionali (che tra l'altro coprono di soldi decine di centri studi perché sminuiscano pubblicamente i rischi connessi alll'uso del cellulare) per nascondere i dati scientifici e difendere il più grande business del nuovo millennio.
"Prove ce ne sono, e parecchie. Nel 2011 l'Agenzìa internazionale per la ricerca sul cancro ha inserito il telefonino tra i possibili cancerogeni. I manuali di istruzione dicono di tenerli da 1,5 a 2,5 centimetri dall'orecchio (perché? E soprattutto: chi lo fa davvero?). In molti paesi precise disposizioni sanitarie raccomandano di non farli usare ai bambini, di non lasciarli sotto il cuscino di notte (come fanno molti adolescenti in attesa del fatidico sms prima di dormire). Una sentenza del Tribunale di Brescia ha stabilito un risarcimento a carico dell'Inail per un ex manager colpito da un tumore alla testa causato dall'uso eccessivo del cellulare. (...) Lo scenario di una maggiore incidenza di tumori al cervello tra i forti utilizzatori di cellulari negli anni 2020 e 2030 è un'eventualità che gli assicuratori hanno preso largamente in considerazione, (...) e i Lloyd's di Londra rifiutano di coprire i produttori di telefoni cellulari contro i rischi alla salute che possono derivare dai loro apparecchi".
"Si tratta di un'antenna a microonde. Ci cuociamo il cervello quando ci teniamo attaccato il ricevitore. (...) E' la notizia più trasversale dell'ultimo quarto di secolo. Con una spaventosa posta economica in gioco. E in quanti ce ne occupiamo? Due gatti in tutto il mondo".
Qui il video di presentazione: http://www.youtube.com/watch?v=ylyBsX8VFxo
Inchiesta del giornalista di Repubblica Riccardo Staglianò sulla correlazione tra uso del cellulare e tumori al cervello, e sulle spietate strategie delle multinazionali (che tra l'altro coprono di soldi decine di centri studi perché sminuiscano pubblicamente i rischi connessi alll'uso del cellulare) per nascondere i dati scientifici e difendere il più grande business del nuovo millennio.
"Prove ce ne sono, e parecchie. Nel 2011 l'Agenzìa internazionale per la ricerca sul cancro ha inserito il telefonino tra i possibili cancerogeni. I manuali di istruzione dicono di tenerli da 1,5 a 2,5 centimetri dall'orecchio (perché? E soprattutto: chi lo fa davvero?). In molti paesi precise disposizioni sanitarie raccomandano di non farli usare ai bambini, di non lasciarli sotto il cuscino di notte (come fanno molti adolescenti in attesa del fatidico sms prima di dormire). Una sentenza del Tribunale di Brescia ha stabilito un risarcimento a carico dell'Inail per un ex manager colpito da un tumore alla testa causato dall'uso eccessivo del cellulare. (...) Lo scenario di una maggiore incidenza di tumori al cervello tra i forti utilizzatori di cellulari negli anni 2020 e 2030 è un'eventualità che gli assicuratori hanno preso largamente in considerazione, (...) e i Lloyd's di Londra rifiutano di coprire i produttori di telefoni cellulari contro i rischi alla salute che possono derivare dai loro apparecchi".
"Si tratta di un'antenna a microonde. Ci cuociamo il cervello quando ci teniamo attaccato il ricevitore. (...) E' la notizia più trasversale dell'ultimo quarto di secolo. Con una spaventosa posta economica in gioco. E in quanti ce ne occupiamo? Due gatti in tutto il mondo".
Qui il video di presentazione: http://www.youtube.com/watch?v=ylyBsX8VFxo
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