Novità in libreria: TOMMASO LANDOLFI, "I RUSSI" (Adelphi, pagg. 366)
Nel 1928 Landolfi (1908-1979) è studente all'Università di Firenze. Dai corsi ufficiali, però, si tiene «a rispettosa distanza»: la sua unica, «beata», occupazione è parlare per notti intere di letteratura con gli amici Carlo Bo, Leone Traverso e Renato Poggioli. «Lì era la nostra università,» ricorda «a quella vera non andavamo mai». È grazie a Poggioli che scopre la letteratura russa: e in questa disciplina, che a Firenze allora nessuno professava, si laureerà nel 1932 con una tesi sull'opera di Anna Achmatova. Intanto, nel 1930, sono usciti un racconto, Maria Giuseppa, e la recensione al Re Lear delle Steppe di Turgenev: il suo doppio destino – di scrittore e di slavista – è segnato. Ma slavista è forse il termine meno adatto. Incontrando la letteratura russa, Landolfi incontra in realtà una parte di sé: e l'«uomo superfluo» – in cui confluiscono senso di estraneità, stanchezza spirituale, profondo scetticismo – diventa uno specchio nel quale non cesserà di guardarsi.
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